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Giorgio Nebbia
I nuovi volti della lotta di classe
5 Maggio 2014
Giorgio Nebbia
Il pensiero marxista ha elaborato la teoria della lotta di classe, intesa come ... >>>

Il pensiero marxista ha elaborato la teoria della lotta di classe, intesa come ... >>>

Il pensiero marxista ha elaborato la teoria della lotta di classe, intesa come contrapposizione di interessi fra gruppi di persone, relativamente omogenee, appartenenti ad una ”classe”, appunto, per la conquista di diritti che un’altra classe negava. La “classica” lotta di classe si è svolta fra datori di lavoro e lavoratori nella società capitalistica. Il dovere dell’imprenditore capitalistico, anche in quanto appartenente ad una ”classe” di simili soggetti economici, era ed è l’aumento del proprio capitale monetario; per raggiungere questo fine egli deve dipendere da altre persone, da una “classe” di dipendenti ai quali “deve” essere pagato meno possibile la merce che tale classe vende, il lavoro, che deve “pesare” il meno possibile sui bilanci aziendali con richieste di sicurezza nel luogo di lavoro, di sicurezza sociale, eccetera.

Col passare del tempo, col rafforzamento della consapevolezza dei propri diritti, col contributo anche di una (piccola) parte della borghesia, quella che riconosceva l’ingiustizia e la violenza delle regole dell’operare capitalistico, e con una lunga continua lotta per l’affermazione di una qualche visione socialista, “di sinistra”, dei rapporti civili e politici --- la classe dei lavoratori ha ottenuto condizioni di vita e di salari e di sicurezza più decenti. Il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori non era poi sprecato, per il capitalismo, perché consentiva di far crescere una classe di consumatori in grado di assorbire le merci e i servizi che il capitale poteva offrire in maggiore quantità, sempre al fine di aumentare i propri guadagni, con l’ulteriore vantaggio di presentarsi come benefattore merceologico della società.

Successivamente il capitale, messi abbastanza quieti i lavoratori nelle loro rivendicazioni salariali, ha scoperto che poteva aumentare i propri profitti esercitando violenza non più tanto su un gruppo omogeneo di persone --- come erano i diretti dipendenti --- ma su gruppi molto più diffusi di soggetti impreparati e indifesi.

Le frodi, l’immissione in commercio di alimenti, tessuti, merci, materiali, macchinari difettosi o dannosi perché poco costosi, si sono rivelate preziose fonti di arricchimento. In definitiva le frodi arrecavano danno alla salute o al salario o alla vita non di singole persone o di gruppi di persone, ma di vasti strati della popolazione, ignari di quanto il capitale gli offriva negli opulenti negozi.

Fortunatamente ci sono state persone che, raccogliendo informazioni sull’operare degli imprenditori, talvolta notizie filtrate attraverso i lavoratori stessi, hanno cominciato a denunciare le frodi, hanno mobilitato l’opinione pubblica e hanno dato vita, attraverso scritti e dibattiti, ad un movimento di cittadini e “consumatori” che assumevano un carattere di “classe”, vittima dell’altra classe di venditori-frodatori.

La nuova classe dei frodati ha alzato la voce ed ha chiesto leggi più rigorose sulla qualità dei prodotti commerciali, ha chiesto l’intervento dello stato che ha (avrebbe) il dovere di proteggere le persone danneggiate; i governi dei vari stati, peraltro, si sono spesso mostrati riluttanti a interventi rigorosi, sotto la pressione della “classe” dei venditori che cercava di minimizzare i pericoli e i danni denunciati.

Alcune delle merci pericolose, dai solventi cancerogeni, ai pesticidi, ai metalli tossici, attraenti dal punto di vista dei profitti dei produttori e dei venditori, oltre ad avvelenare gli umani alteravano anche gli animali allo stato naturale, i cicli ecologici, inquinavano l’atmosfera e le acque. Anche in questo caso alcuni (pochi) chimici, biologi, ecologi hanno denunciato le sostanze dannose per una massa diffusa e indefinita di consumatori, una nuova classe di ”inquinati” nel corpo e nell’ambiente circostante.

Intanto il capitale ha visto che era possibile assicurarsi profitti sfruttando anche in altro modo il grande patrimonio senza padrone della natura. Ogni processo di produzione genera delle scorie e dei rifiuti gassosi, liquidi e solidi e quale miglior sistema per sbarazzarsene, senza spesa, dell’immetterli nei corpi riceventi naturali, nell’aria, nei fiumi, nel mare, sui terreni abbandonati ?. Fino a quando qualcuno ha cominciato a denunciare le merci e i processi inquinanti, gli effetti vicini e lontani, nello spazio e nel tempo, provocati da ciascun inquinatore e da tutti i membri della sua classe e da coloro che, sempre nel nome del profitto, assaltavano a fini speculativi i terreni, i boschi, le spiagge.

Sono così sorti gruppi, associazioni, movimenti impegnati nella difesa dei cittadini frodati o inquinati, impegnati nella richiesta di leggi più rigorose, impegnati, addirittura, nella denuncia degli effetti perversi sulla salute e sull’ambiente della ”società dei consumi”, orchestrata, grazie anche ad una sapiente propaganda, soltanto per il profitto dei venditori. Per qualche tempo, nella breve “primavera dell’ecologia”, nei primi anni settanta nel Novecento, c’è stata, almeno in alcuni movimenti, una corretta analisi “di classe”, “di sinistra”, della contrapposizione fra inquinatori e inquinati, ed è stato riconosciuto che i primi inquinavano e danneggiavano la classe degli inquinati proprio perché agivano secondo le regole del capitalismo. Qualcuno allora ricordò alcune pagine di Marx ed Engels in cui erano anticipati con grande lucidità i problemi che caratterizzavano gli ultimi decenni del Novecento.

Da parte sua la classe degli inquinatori e degli speculatori ha esercitato pressioni sui governi per evitare vincoli o divieti, ha ridicolizzato la critica e la contestazione e, fatto abbastanza importante, è riuscita talvolta a mobilitare i dipendenti agitando la minaccia che vincoli e leggi più rigorosi contro le frodi, gli inquinamenti, la speculazione avrebbe fatto perdere il posto di lavoro. Ciascuna azione richiesta dalla classe degli inquinati per la difesa dei propri diritti, individuali e collettivi, avrebbe comportato, sostenevano e sostengono gli inquinatori, maggiori costi di produzione, minore convenienza a produrre e vendere, il licenziamento di parte dei lavoratori. La classe degli inquinati era così, furbescamente, presentata come nemica della classe operaia: e poco conta se i membri della stessa classe operaia e le loro famiglie sono i destinatari delle merci dannose e dei danni degli inquinamenti o delle alluvioni e frane provocate dalla speculazione.

Quella parte della contestazione che denunciava il capitalismo come vera fonte dei danni alla salute e alla natura è stata travolta dalla nuova ideologia che non c’è altro modo di produrre e di operare --- anzi non c’è altro modo di esistere --- al di fuori di quello determinato dal libero mercato e dal capitalismo, i quali possono essere corretti e aggiustati non con una lotta di classe, ma con una collaborazione che rende gli inquinatori meno violenti e gli inquinati più tolleranti, a condizione che si sia tutti uniti nel comune obiettivo di possedere più merci e più ricchezza.

Abbastanza curiosamente, in questo sonno della ragione dell’Europa e dell’Occidente, con virulenta diffusione anche nei paesi “liberati” dal comunismo, una contestazione di sinistra dei guasti umani e ecologici del capitalismo imperante continua a zampillare qua e là, spesso sommersa, ma resa oggi più visibile grazie allo strumento più raffinato del capitalismo, Internet. Del resto non erano stati gli strumenti più raffinati del capitalismo, le grandi biblioteche pubbliche di Londra e Berlino, a rendere accessibili ai padri del comunismo i testi su cui edificare la loro critica al capitalismo stesso ?

Se da noi si muove con fatica qualcosa, diciamo così, di rosso-verde, di contestazione di sinistra dei guasti consumistici ed ecologici, la voce di una contestazione rosso-verde si trova vivace, nel Nord e nel Sud del mondo, in molti movimenti “ecologici”, femministi, pacifisti, di difesa dei consumatori e delle minoranze. Forse una ripresa della analisi dei rapporti conflittuali fra capitalismo, socialismo e natura, potrebbe contribuire a far conoscere i volti di questa nuova lotta di classe fra vittime e oppressori, nel grande circo delle merci, fra inquinati e inquinatori, al fine di dare nuovo coraggio e speranza agli inquinati e di temperare l’arroganza e anche l’ignoranza degli inquinatori, i più recenti protagonisti del capitalismo dominante.

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