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Judith Butler e Paola Rudan
Caro Viale, l’Expo sarà verde e sostenibile
22 Maggio 2014
Milano
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«Ogni opi­nione, natu­ral­mente, è lecita; però dire che Expò sarà una colata di cemento, men­tre l’eredità di Expo sarà un parco di quasi 50 ettari, uno dei più grandi d’Europa, non ha niente a che vedere con il legit­timo dissenso». Il manifesto, 22 maggio 2014 (m.p.r.)

Ho letto l’articolo di Guido Viale su Expo e sic­come il suo giu­di­zio è costruito anche su infor­ma­zioni ine­satte, credo sia mio dovere cor­reg­gerle e spie­gare le scelte della mia ammi­ni­stra­zione. Ogni opi­nione, natu­ral­mente, è lecita; però dire che Expo sarà una colata di cemento, men­tre l’eredità di Expo sarà un parco di quasi 50 ettari, uno dei più grandi d’Europa, non ha niente a che vedere con il legit­timo dissenso. Parto anch’io dalla cam­pa­gna elet­to­rale per ricor­dare che nel pro­gramma della coa­li­zione, voluto da tutti i par­titi che mi soste­ne­vano — da Prc a Sel al Pd — non c’era scritto da nes­suna parte che Milano avrebbe abban­do­nato l’Expo.

Anzi, c’era scritto che si trat­tava di un appun­ta­mento irri­nun­cia­bile. Certo, tutti, a comin­ciare da me, pro­met­te­vano un Expo ben diversa da quella descritta nell’articolo di Guido Viale e que­sta pro­messa è stata mantenuta.

Expo non sarà sem­pli­ce­mente un’esposizione uni­ver­sale; sarà una vetrina di con­te­nuti. Come a Kyoto si sono get­tate le basi per com­bat­tere i cam­bia­menti cli­ma­tici, a Milano in occa­sione di Expo, quando avremo qui 140 Paesi, get­te­remo le basi di una nuova e più sana poli­tica ali­men­tare che lotti con­tro la fame nel mondo, gli spre­chi ali­men­tari, l’accaparramento dei ter­reni agri­coli dei paesi poveri, che sia per l’acqua bene comune, per la soste­ni­bi­lità della catena alimentare.

Leggo equi­voci anche sul dopo Expo. Su quelle aree – che non abbiamo scelto noi — non ci sarà nes­suna spe­cu­la­zione edi­li­zia o finan­zia­ria. Il 54 per cento del sito sarà desti­nato a verde e la restante parte ad un grande pro­getto, scelto attra­verso un bando tra­spa­rente e aperto a tutti, che abbia anche una uti­lità pub­blica. Lascito di Expo sarà anche una sto­rica e bel­lis­sima cascina mila­nese, la Cascina Triulza, ristrut­tu­rata dopo anni pro­prio per que­sta occa­sione. Sarà la sede del volon­ta­riato, della coo­pe­ra­zione inter­na­zio­nale, delle Ong, dell’associazionismo sociale. Un sede per­ma­nente, defi­ni­tiva, che rimarrà anche dopo il 2015. E la Dar­sena, il vec­chio porto di Milano, sarà ria­perto dopo decenni di abbandono.

In momenti dif­fi­cili come que­sti, con­fesso che non trovo per niente da snob­bare nem­meno la pos­si­bi­lità di avere oltre 200 mila posti di lavoro. O gli effetti posi­tivi sul Pil e sull’occupazione che con­ti­nue­ranno fino al 2020, gene­rati da un indotto che sarà di dieci miliardi di euro.

Comun­que, anche per me, sono i con­te­nuti l’aspetto più impor­tante. E in que­sto abbiamo avuto for­tuna: l’Expo, per una que­stione di repu­ta­zione inter­na­zio­nale, avremmo dovuto farla comun­que, a meno di non fare davanti al mondo la figura di una repub­blica delle banane, però farla sul tema della nutri­zione ci con­sente di avere un peso su un tema fon­da­men­tale. E su que­sto, forse a Viale è sfug­gito, stiamo lavo­rando con le migliori intel­li­genze, a par­tire pro­prio da Car­lin Petrini che con Slow Food avrà un ruolo deci­sivo sui temi car­dine dell’Esposizione.

Credo che Viale giu­di­chi la città in base a degli ste­reo­tipi: vero che il Salone del Mobile è un momento magni­fico. Ma, caro Guido, c’è anche altro: Book City riem­pie la città di eventi legati alla let­tura e avre­sti dovuto essere con noi la set­ti­mana scorsa, quando il pro­getto Piano City ha acceso la città di oltre tre­cento con­certi in ogni angolo di Milano. Tutte ini­zia­tive legate ad ‘Expo in città’. Avre­sti visto – e non è un’esagerazione – per­sone felici, come saranno felici le per­sone che lunedì saranno in Piazza Duomo per ascol­tare gra­tui­ta­mente la Filar­mo­nica della Scala.

Diciamo che il modello–salone, nell’accezione di coin­vol­gere il mag­gior numero di per­sone pos­si­bili, di toc­care con ini­zia­tive ogni zona della città, di fare cul­tura dif­fusa, è il nostro modello. E così sarà, natu­ral­mente, per Expo, quando Milano sarà una città ancora più acco­gliente, alle­gra, aperta. Pronta a rice­vere tante per­sone che arri­vano da tutto il mondo, non certo per scam­biare affari, ma per scam­biare cono­scenza e imma­gi­nare un futuro migliore per tutti.

Capi­sco che nes­suno sia pro­feta in patria, però per uscire da un certo pes­si­mi­smo cosmico, sug­ge­ri­sco di dare una scorsa ai gior­nali stra­nieri: ieri era­vamo su Le Monde, apprez­zati per avere vinto un pre­mio impor­tante dell’Ocse, primi tra tutte le città euro­pee. Una sorta di ‘Oscar’ per quanto abbiamo fatto e stiamo facendo per la mobi­lità soste­ni­bile. Siamo stati chia­mati a far parte dei C-40, le città lea­der nelle poli­ti­che ambien­tali. Ci chie­dono il know how per la rac­colta dif­fe­ren­ziata visto che siamo insieme a Vienna al livello più alto tra le grandi città d’Europa. Insomma, non mi sem­bra affatto che abbiamo perso un’occasione. Piut­to­sto, l’occasione, abbiamo saputo coglierla, ora dob­biamo col­ti­varla insieme a tutte le forze sane del Paese. Altro che cemento…

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