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Massimo Zedda
Cagliari,Sant'Elia. Casermoni e lo stadio nella vecchia palude.
17 Aprile 2014
Altre città
Un articolo sul nodo di Sant'Elia e un'intervista al sindaco Massimo Zedda completano l'inchiesta su Cagliari oggi.
Un articolo sul nodo di Sant'Elia e un'intervista al sindaco Massimo Zedda completano l'inchiesta su Cagliari oggi. Il manifesto, 17 aprile 2014
IL COMUNE SI GIOCA LA PARTITA
di Costantino Cossu
Sant’Elia. Qui all’inizio c’erano sol­tanto paludi, sull’orlo del mare, di fronte all’enorme spa­zio azzurro d’acqua e di cielo del Golfo degli Angeli. Era la zona più a sud della città, poche case, un intrico di viuzze attorno al cam­pa­nile della chiesa. Un borgo abi­tato da pesca­tori. Da loro lavoro veniva il pesce che finiva nel vec­chio mer­cato di San Bene­detto. Prima ancora del borgo, nel Sei­cento che a Cagliari fu spa­gnolo, qui ave­vano messo, per decreto vice regio, il Laz­za­retto, il luogo per la cura dei leb­brosi, degli intoc­ca­bili. Restò tutto più o meno così (a parte il Lazzaretto,da fine Otto­cento abban­do­nato e cadente) sino ai primi anni Set­tanta del secolo scorso.

Dopo la ferita dei bom­bar­da­menti del 1943, che ave­vano raso al suolo buona parte del cento sto­rico, Cagliari negli anni del boom eco­no­mico (i Cin­quanta e poi per tutti i Ses­santa), era cre­sciuta. Sede dell’amministrazione regio­nale, cen­tro poli­tico ma anche eco­no­mico dell’isola. Un’imprenditoria quasi tutta legata ai traf­fici com­mer­ciali con la peni­sola, com­prare e riven­dere, riven­dere e com­prare. Poca indu­stria vera, sino all’arrivo dei Moratti con la loro raf­fi­ne­ria a Sar­roch, sul finire degli anni Ses­santa. Ma anche, in una città in tumul­tuoso svi­luppo urbanistico,speculatori edi­lizi e palaz­zi­nari. Nei primi anni Set­tanta a Sant’Elia accad­dero due cose che cam­bia­rono per sem­pre il volto del quar­tiere: la deci­sione di tra­sfor­mare la ex zona palu­dosa boni­fi­cata in un’area di edi­li­zia popo­lare e quella di costruire al limite est il nuovo sta­dio del Cagliari Calcio.

Deci­sioni prese da un’amministrazione comu­nale di segno mode­rato, domi­nata dalle cor­renti demo­cri­stiane più con­ser­va­trici. Alle quali, però, nes­suno si oppose. Cagliari cre­sceva in popo­la­zione a ritmi espo­nen­ziali, la fame di case era grande. E poi la squa­dra di foot­ball era quella dello scu­detto, la squa­dra di Gigi Riva “Rombo di tuono”: si poteva negare all’undici gui­dato da Man­lio Sco­pi­gno, che aveva rega­lato a una città mezzo nobile d’antico lignag­gio ibe­rico e mezzo strac­ciona un sogno che sem­brava impos­si­bile? No. E così, sotto la pic­cola col­lina dove con­ti­nua­vano a stare i pesca­tori, nell’avvallamento dove prima era sol­tanto acqua sta­gnante e saline, sor­sero enormi orrendi palaz­zoni dove met­tere quelli che cer­ca­vano casa e non pote­vano per­met­tersi i prezzi di mer­cato. E insieme ai caser­moni, lo sta­dio nuovo. Due sim­boli del benes­sere con­qui­stato, una carta di cre­dito per l’ingresso nel pal­co­sce­nico sul quale si costruiva una mise­re­vole iden­tità nazionale

«RESTAURO E RIUTILIZZO
PER FERMARE IL SACCHEGGIO»
intervista di Costantino Cossu al sindaco Massimo Zedda

Che cosa signi­fica, per uno che sta a sini­stra, diven­tare sin­daco di una città gover­nata per decenni, dal secondo dopo­guerra in poi, da forze poli­ti­che espres­sione di un blocco sociale con­ser­va­tore che ha dato al tes­suto urba­ni­stico la forma cor­ri­spon­dente a ben pre­cisi inte­ressi eco­no­mici? Mas­simo Zedda, prima Pd e poi Sel, è diven­tato sin­daco di Cagliari il 30 mag­gio del 2011, alla testa di uno schie­ra­mento di cen­tro­si­ni­stra. Una svolta, in larga parte inat­tesa. Un’occasione storica.

La sua ele­zioni a sin­daco, quasi tre anni fa, rap­pre­sentò una rot­tura e accese le spe­ranze di un cam­bia­mento radi­cale. Che bilan­cio si può fare oggi?
Abbiamo dato uno stop netto al sac­cheg­gio urba­ni­stico della città. Ci siamo mossi da subito lungo una linea di ade­gua­mento del piano urba­ni­stico comu­nale alle diret­tive di tutela san­cite dal piano pae­sag­gi­stico appro­vato nel 2006 dalla giunta Soru. Abbiamo appro­vato il piano par­ti­co­la­reg­giato del cen­tro sto­rico, il piano della mobi­lità, il piano di uti­lizzo dei lito­rali. Tutto secondo un’ottica di restauro e di riu­ti­lizzo del patri­mo­nio edi­li­zio già esi­stente, in par­ti­co­lare di quello di pro­prietà pub­blica: del comune, della Regione Sar­de­gna, del dema­nio. Basta con l’aumento delle volu­me­trie e con il dis­sen­nato con­sumo del ter­ri­to­rio. Rispetto al pas­sato è una svolta radicale.

Qual­che vostra deci­sione in dettaglio?
Intanto la pedo­na­liz­za­zione di vaste aree del cen­tro sto­rico, in pas­sato inta­sate e sna­tu­rate da un traf­fico cao­tico, senza regole. Meno auto pri­vate e un poten­zia­mento del tra­sporto pub­blico e la defi­ni­zione di un sistema di par­cheggi intorno al cen­tro, con l’obiettivo di for­nire un ser­vi­zio a chi usa le auto per arri­vare dalle peri­fe­rie senza che que­sto signi­fi­chi, come nel pas­sato, l’invasione delle strade e delle piazze da parte del traf­fico pri­vato. Tenendo conto anche che il cen­tro sto­rico di Cagliari è molto ampio. I quat­tro quar­tieri anti­chi di Marina, Stam­pace, Vil­la­nova e Castello insieme coprono un’area molto più vasta, ad esem­pio, di quella della parte sto­rica di una città come Praga.

Per la spiag­gia del Poetto che cosa avete fatto?
Come si sa quel lito­rale nel pas­sato recente è stato deva­stato da un ripa­sci­mento disa­stroso. Al pro­blema dell’erosione della spiag­gia si è rispo­sto aggiun­gendo sab­bia pre­le­vata dai fon­dali al largo del Golfo di Cagliari. Con esiti che hanno modi­fi­cato le carat­te­ri­sti­che ambien­tali di un sito che per la città ha una rile­vanza anche urba­ni­stica cen­trale. Noi abbiamo pun­tato invece su inter­venti strut­tu­rali, che hanno come obiet­tivo quello di una riqua­li­fi­ca­zione urba­ni­stica dell’intero lito­rale, che si estende per otto chi­lo­me­tri dalla Sella del dia­volo sino alla città di Quartu. Abbiamo tro­vato i fondi per un pro­getto che è già in fase ese­cu­tiva e che modi­fi­cherà in maniera sostan­ziale il volto e la fun­zione urba­ni­stica di tutta la zona. Isti­tui­remo, ad esem­pio, un’area pedo­nale che sarà una spe­cie di cor­done tra la spiag­gia e la strada che corre paral­lela all’arenile.

Il tes­suto urba­ni­stico di Cagliari è ricco di aree dema­niali in uso a strut­ture mili­tari. Cosa avete fatto per recu­pe­rarle alla città?

Come ammi­ni­stra­zione comu­nale abbiamo cer­cato di costruire un fronte uni­ta­rio con la Regione Sar­de­gna per aprire un con­fronto con il mini­stero della Difesa che con­sen­tisse una “libe­ra­zione” se non totale almeno par­ziale di quelle aree, che sono dav­vero molto vaste e tutte di grande pre­gio urba­ni­stico e ambien­tale, dai vin­coli mili­tari. Non abbiamo tro­vato grande sen­si­bi­lità nella giunta di cen­tro­de­stra pre­sie­duta da Ugo Cap­pel­lacci. Con­tiamo di ripren­dere il discorso con il nuovo ese­cu­tivo, gui­dato da Fran­ce­sco Pigliaru dopo la vit­to­ria del cen­tro­si­ni­stra alle ele­zioni regio­nali dello scorso febbraio.

E per le peri­fe­rie? In par­ti­co­lare per Sant’Elia?
Sant’Elia in realtà non è una peri­fe­ria. È un quar­tiere ormai pie­na­mente inse­rito nel cuore del tes­suto urba­ni­stico. Lì esi­ste un enorme pro­blema di disa­gio sociale e di emar­gi­na­zione che stiamo affron­tando attra­verso la crea­zione di strut­ture per­ma­nenti di inte­gra­zione sociale. Le scelte che sono state fatte in pas­sato hanno tra­sfor­mato Sant’Elia in un corpo sepa­rato. Cor­reg­gere quelle stor­ture è uno dei com­piti che ci siamo asse­gnati. Vedere la que­stione sol­tanto in ter­mini di ordine pub­blico è sba­gliato. Biso­gna pun­tare invece ad inse­rire pie­na­mente il quar­tiere nella vita della città. Ed è esat­ta­mente que­sto che stiamo cer­cando di fare, con non pochi risul­tati incoraggianti

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