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Furio Colombo
Piazze piene e piazze vuote
15 Aprile 2014
Democrazia
Una domanda e una risposta su cui è utile riflettere. L'interrogativo che resta aperto è: a che serve il movimento che riempie le piazze e non riesce a cambiare ciò che vorrebbe? E' solo testimonianza, o può preparare il futuro? E se la risposta è questa, quali sono le condizioni che mancano?

Una domanda e una risposta su cui è utile riflettere. L'interrogativo che resta aperto è: a che serve il movimento che riempie le piazze e non riesce a cambiare ciò che vorrebbe? E' solo testimonianza, o può preparare il futuro? E se la risposta è questa, quali sono le condizioni che mancano? Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2014

CARO COLOMBO, a brevi intervalli (e spessonello stesso tempo) vediamo maree di persone riunirsi in un punto o in un altrodel mondo per reclamare qualcosa di sacrosanto. A volte durano a lungo eottengono l'attenzione del mondo. Sbaglio o quasi sempre falliscono, e lamorale resta che è inutile mobilitarsi?
Rinaldo

HO SEMPRE CREDUTO che sia nobile, ma ancheinevitabile partecipare, quando sai e credi in coscienza, conoscenza e buonafede, che quella folla stia arginando un pericolo o tentando di impedirequalcosa di grave e irreversibile, oppure stia battendosi per un dirittofondamentale negato. Quando accade, vuol dire che si sta tentando di rompereuna catena di decisioni autoritarie, oppure che la democrazia apparentemente invigore, in realtà si è bloccata e si è trasformata in arbitrio.

Ma non vasempre così e non è sempre vero. Nel giro di poco tempo abbiamo visto le folleriempire immense piazze in Egitto, Tunisia, Turchia, Thailandia, Ucraina,Libia, Siria, Venezuela. In Siria la piazza è diventata spaventosa guerracivile, in Ucraina stava per diventare guerra del mondo, in Libia è diventataguerra di bande, negli altri Paesi nessuna folla ha vinto, neppure nelle“primavere arabe” dove pure, più che altrove, il protagonismo intelligentedella folla (e il ruolo delle donne) è sembrato sul punto di cambiare civiltà estoria. A quanto pare il fenomeno del momento sembra essere che anche la follapiù nuova e disinteressata e nobilmente antagonistica (motivata non dalsalvarsi ma dal cambiare in modo profondo) non ha un leader, non lo chiede enon lo propone.

A questo punto si profilano due cambiamenti. Uno è l'abbandono.I reduci tornano sconfortati dalla piazza che a mano a mano si vuota, con lapersuasione (che qualcuno di loro a volte ha pagato a caro prezzo) che “nonserve a niente”. L'altro è il presentarsi del leader senza folla. Si offre, disolito con un espediente di spettacolo, inventa qualcosa e chiede di seguirlo.Entra in gioco la Rete, non solo per Grillo. Molto avviene, anche senza laforte celebrazione che ne fa il Movimento 5 Stelle, in Rete e attraverso laRete. Crea un militantismo solitario, ognuno con il leader e immaginando unafolla di compagni di avventura politica che, anche quando si materializza inuna piazza, è molte volte più piccola di quella che in realtà esiste o sipresume in Rete. Grillo ha certamente affrontato con inaspettato successo(inaspettato anche per lui) la prima prova nella storia. Per sapere bisogneràaspettare questa seconda, delle elezioni europee. Sapere cosa?

Sapere se unapiazza vale l'altra. O meglio se è ormai vero che la piazza in Rete è la verapiazza e che l'altra, per quanto colorita e appassionata e disperata (penso alVenezuela in questi giorni) prima o poi finisce, e tornano conformismo esilenzio. Della prima piazza sappiamo tutto, dai suoi trionfi ai suoifallimenti. Della seconda non sappiamo niente. Accade qualcosa di profondamentediverso. Ma che cosa c'è dall'altra parte?
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