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Tomaso Montanari
L’insegnamento di Frau Merkel non è pagare il biglietto
15 Aprile 2014
Beni culturali
In Italia, invece, « il nostro patrimonio storico e artistico viene percepito come una specie di grande attrezzeria di scena al servizio del potere».

Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2014
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha visitato la Pompei antica, pagando il biglietto. Non ci sarebbe la notizia: almeno non in un paese civile. Diventa, invece, una notizia proprio il fatto che, in Italia, questo piccolo accadimento abbia avuto una straordinaria risonanza mediatica. Per noi un capo del governo che si comporta come un cittadino è un evento letteralmente eccezionale.

E qui sta il primo punto: lo scollamento tra classe politica e cittadinanza. Un abisso antropologico che certo non viene colmato da un Matteo Renzi, figlio d’arte e professionista della politica fin dall’età della ragione.

Eppure, nonostante l’effimero compiacimento verso il gesto graziosamente accondiscendente del potente di turno, il dato su cui interrogarsi è che millenni di potere, imperiale e poi papale, hanno abituato gli italiani a piegare le ginocchia di fronte alla scenografia del sovrano di turno. Il dato tragico è che, in fondo, non prenderemmo sul serio un potente che si comportasse da cittadino.

Nello specifico, tuttavia, l’aspetto su cui riflettere è il rapporto tra il potere e il patrimonio culturale. Come dimostra il recentissimo scivolone della sottosegretaria Vicari, che ha chiesto i quadri dei musei di Roma per arredarsi l’ufficio al ministero dello Sviluppo economico, il nostro patrimonio storico e artistico viene percepito come una specie di grande attrezzeria di scena al servizio del potere. Quadri delicatissimi vengono spediti come commessi viaggiatori in mezzo mondo, gruppi scultorei antichi sono dislocati nei palazzi della politica, un luogo unico come Villa Madama (progettata da Raffaello) viene usato come sfondo di lusso per i vertici internazionali dei nostri capi del governo.

Quel che manca è un qualsiasi indizio di un rapporto personale tra i “potenti” e quello stesso patrimonio. La vera notizia, per l’Italia, non è che Angela Merkel abbia pagato il biglietto, ma che abbia impiegato tre ore e mezzo del suo tempo privato e personale per vedere Pompei, con una cartina in mano e in compagnia di un archeologo tedesco. E che abbia trovato poi il tempo di vedere anche il Rione Terra di Pozzuoli, con le sue vestigia romane e il suo Duomo appena restaurato. Ora, quale politico italiano lo farebbe, se non per dovere di Stato, e a favore di telecamera? E questo è il punto: in Italia non c’è mai stata una vera politica per la cultura, perché almeno dagli anni Sessanta, la nostra classe politica – salvo rare eccezioni – non è stata composta da persone che avessero un vivo rapporto personale con la cultura. È dura parlare di politica internazionale con uno che non sa nemmeno cos’è la geografia, o di economia con uno che non ricorda manco le tabelline: eppure, la stragrande maggioranza dei nostri ministri per i Beni culturali e dei nostri presidenti del Consiglio non ha la più pallida idea di cosa sia un museo, per non dire uno scavo archeologico. Commentando un libro di Renzi, Paolo Nori ha scritto “Ecco: a me è sembrato stranissimo che in tutte le 193 pagine di questo libro sulla bellezza non sono riuscito a trovare una frase che mi sembrasse non dico bella, ben fatta”. Ed è per questo che ci colpisce così tanto vedere la Merkel felice di passare tre ore e mezza tra scavi da cui i suoi omologhi italiani scapperebbero a gambe levate.

Infine, il biglietto. Salvo rarissime eccezioni, nessuna istituzione culturale del mondo campa con i biglietti: ed è per questo che si potrebbe addirittura pensare di sopprimerli, sottolineando così – come avviene, per esempio, in molti musei pubblici inglesi – la gratuità del patrimonio e la sua dimensione inclusiva. Piuttosto, sarebbe stato bello far notare a Frau Merkel che se Pompei versa nello stato penoso in cui l’ha trovata, è in massima parte a causa dei dissennati tagli al bilancio pubblico imposti proprio dall’Europa a trazione tedesca. Non esiste una politica europea della cultura, né una chiara idea della sua funzione civile: e forse il punto da cui partire potrebbe esser proprio il senso della Merkel per Pompei. Senza battere i pugni sul tavolo, ma riallacciando i fili di un’antica conversazione tra Italia e Germania.

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