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Angelo d'Orsi
Gramsci, un brand per clienti internazionali
15 Aprile 2014
Appelli
Alcune interessanti informazioni sulle interessate ragioni di alcuni strani assensi all'utilizzazione commerciale dello studioso marxista, fondatore del partito di "Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer".

Il manifesto, 15 aprile 2014

Strano destino, quello di Anto­nio Gramsci.Negletto in patria, osan­nato all’estero, vili­peso nella città che più di ogni altra sentì sua, la Pie­tro­grado d’Italia, la città seria, che non ama i “can­tam­ban­chi”, cuore della “civiltà dei pro­dut­tori”, là dove la lotta di classe è ridotta alla sua essenza: bor­ghesi con­tro pro­le­tari. Torino, naturalmente.

A Torino esi­ste sì, un Isti­tuto inti­to­lato a Gram­sci (deno­mi­na­zione che a un certo momento, nei primi anni ’90, si pro­pose di can­cel­lare, nel furore auto­di­strut­tivo del post­co­mu­ni­smo). Un isti­tuto, che pro­prio in quei fran­genti si affrettò a togliere, nel pro­prio Sta­tuto, ogni rife­ri­mento al mar­xi­smo. Un isti­tuto, che come tutti gli altri inti­to­lati al “fon­da­tore del PCdI”, è sotto stretto con­trollo del par­tito, con le con­se­guenze che si pos­sono imma­gi­nare a livello degli organi scien­ti­fici e delle atti­vità cul­tu­rali: certo a Torino si tocca il colmo: nep­pure uno stu­dioso di Gram­sci vi figura… Del resto, il nesso tra il pen­siero e opera dell’intestatario e le atti­vità dell’istituto è assai fle­bile. E in fondo il suo diret­tore può essere sod­di­sfatto del Can­can su quella che era impro­pria­mente chia­mata “Casa Gram­sci”, stia per diven­tare “l’Hotel Gramsci”.

Improv­vi­sa­mente una esi­stenza umbra­tile come quella della isti­tu­zione da lui diretta, è stata viva­ciz­zata da qual­che riflet­tore gior­na­li­stico. E ne abbiamo lette di tutti i colori. Pur­troppo egli stesso, il diret­tore non gram­sciano dell’Istituto Gram­sci, è tra coloro che le ha spa­rate più grosse, sia a livello di ine­sat­tezze sulla bio­gra­fia di Anto­nio Gram­sci, sia per pero­rare la secondo lui ottima causa della inti­to­la­zione di un albergo di lusso al rivo­lu­zio­na­rio e pen­sa­tore sardo.

Vale la pena di ricor­dare, a mo’ di difesa con­tro le tante scioc­chezze che stanno cir­co­lando, che quella fu la terza ed ultima dimora di Gram­sci sotto la Mole, e che di fatto, era tal­mente preso dal lavoro gior­na­li­stico, che spesso gli capi­tava di dor­mire in reda­zione, oppure a casa di com­pa­gni. Non era nep­pure un appar­ta­mento, il suo, ma un bugi­gat­tolo subaf­fit­tato dalla mamma di un suo com­pa­gno di corso all’Università. E che comun­que non v’è stata mai la sede dell’Ordine Nuovo, come si sta ripe­tendo. E che tutt’al più i quat­tro fon­da­tori (oltre lui, Ter­ra­cini Togliatti e Tasca, che abi­tava pra­ti­ca­mente dall’altra parte della piazza, in via San Mas­simo) si sono riu­niti tal­volta, prima di fon­dare il gior­nale, a casa di Tasca. In ogni caso l’edificio fu bom­bar­dato e anche se i locali ori­gi­nali non esi­stono più, quel luogo è “gramsciano”.

La mobi­li­ta­zione dei “soliti” pro­fes­sori (che oggi godono di pes­sima nomea, nella nuova ondata anti­cul­tu­rale gui­data dal neo­fu­tu­ri­sta Mat­teo Renzi) ha messo in guar­dia sull’operazione, ossia di tra­sfor­mare il nome dell’autore ita­liano più tra­dotto e stu­diato nel mondo in un brand turistico-commerciale: un autore che fece della rivo­lu­zione dei subal­terni con­tro l’oppressione del capi­tale la sua fede. Ma natu­ral­mente i “pro­fes­so­roni” sono subito incap­pati nella cen­sura del pen­siero domi­nante. Cito per tutti Fabri­zio Ron­do­lino (sul quo­ti­diano fan­ta­sma, eppure organo uffi­ciale del Pd, Europa), il quale non ha esi­tato a irri­dere oltre che bia­si­mare i fir­ma­tari di un appello al sin­daco Piero Fas­sino per chie­der­gli di scon­giu­rare l’operazione. E li ha trat­tati in pra­tica non solo da vete­ro­co­mu­ni­sti, ma più spe­ci­fi­ca­mente da stalinisti.

In vero, que­sto appare l’ennesimo oltrag­gio postumo, di una lunga serie, dal Gram­sci con­ver­tito in punto di morte, al Gram­sci demo­li­be­rale, fino al Gram­sci che rin­nega il comu­ni­smo in un qua­derno finale, oppor­tu­na­mente sot­tratto dalle adun­che mani di Piero Sraffa, per conto del solito cat­tivo Togliatti.

A suo tempo (una decina di anni fa, sin­daco Ser­gio Chiam­pa­rino, ora can­di­dato alla pre­si­denza della Regione), la ven­dita di quel grosso immo­bile, di pro­prietà comu­nale, a una ditta di “impren­di­tori illu­mi­nati”, vicini al Pd, suscitò qual­che voce con­tra­ria, imme­dia­ta­mente zit­tita in malo modo. Per­so­nal­mente facevo notare, agli eco­no­mi­ci­sti rea­li­sti gui­dati da Chiam­pa­rino (fra gli altri Luciano Vio­lante e Furio Colombo, all’epoca diret­tore del gior­nale fon­dato da Gram­sci, l’Unità!), che in poli­tica e nella sto­ria i sim­boli con­tano. Un edi­fi­cio pub­blico diven­tava pri­vato, là dove vive­vano i poveri (la casa era abi­tata da fami­glie disa­giate) veni­vano por­tati i ric­chi, là dove coman­dava il Comune, arri­vava il capi­tale finan­zia­rio; là dove visse un nemico del lusso bor­ghese, arri­vava il lusso borghese.

Ora la cilie­gia sulla torta. La deno­mi­na­zione Hotel Gram­sci: si era par­lato di Hotel Cavour e Hotel Car­lina, dal nome della piazza, ma Gram­sci, come brand inter­na­zio­nale, per la clien­tela stra­niera d’élite attesa in que­gli ambienti raf­fi­nati, con tanto di cen­tro salute e piscina sul tetto, sarebbe stato più oppor­tuno. I fau­tori dell’operazione hanno avuto l’insperato soste­gno del nipote di Gram­sci, Anto­nio jr. Inso­spet­ti­tomi, cono­scen­dolo, l’ho cer­cato: ed ecco che mi risponde: «Mi ha chia­mato un gior­na­li­sta da Torino chie­den­domi un mio parere su que­sto hotel. Mi ha spie­gato che si trat­tava non solo di un hotel ma anche di un cen­tro studi che sta­rebbe nello stesso palazzo e anche di una biblio­teca. Ho avuto poco tempo per par­lare con lui, per­ciò non avevo abba­stanza tempo per pen­sarci bene. Non sapevo che fosse l’hotel 5 stelle lusso».

In realtà l’albergo avrà uno spa­zio con­fe­renze, come tanti alber­ghi, con espo­si­zione di edi­zioni gram­sciane. Come in tanti hotel, che mostrano in vetrina libri, cera­mi­che, fou­lards. Aveva detto a suo tempo Luciano Vio­lante che esi­ste un modo laico di con­ser­vare la memo­ria, e che l’hotel rien­trava nella cate­go­ria. Non la pen­savo così allora, non la penso così adesso, per­ché al di là del discorso sui sim­boli, non si può dimen­ti­care che Anto­nio Gram­sci è stato una vit­tima illu­stre di un regime tota­li­ta­rio, che era un mar­xi­sta rivo­lu­zio­na­rio, e che il suo nome ha una ogget­tiva sacra­lità, e certo non può esser speso come decoro per il lusso “dei signori”. Pos­siamo tol­le­rare certo l’Hotel Cavour, o Carlo Alberto, ma rispar­mia­teci l‘Hotel Gramsci.

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