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Valentina Zinelli
«Rifiuti zero» la rivoluzione mancata del sindaco Cinquestelle
20 Marzo 2014
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L'articolo integra l'analisi urbanistica di Parma di Paolo Scarpa, con un'ampia finestra sulle contraddizioni del sindaco grillino. Unn "rivoluzionario" imbrigliato dalla realpolitik della gestione quotidiana.

L'articolo integra l'analisi urbanistica di Parma di Paolo Scarpa, con un'ampia finestra sulle contraddizioni del sindaco grillino. Unn "rivoluzionario" imbrigliato dalla realpolitik della gestione quotidiana. Il manifesto, 20 marzo 2014

Pizzarotti ci ha costruito la campagna elettorale, l'impianto doveva essere fermato, smontato, venduto a pezzi ai cinesi. Ma da dieci mesi brucia immondizia nel cuore della food valley, a due passi dalla Barilla

Se è vero che la rivo­lu­zione non russa, nella Sta­lin­grado gril­lina sem­bra comun­que son­nec­chiare. Vole­vano rivol­tare la città i gio­vani san­cu­lotti a 5 Stelle che, ormai due anni fa, con­qui­sta­rono il Comune di Parma in uno sfa­vil­lio di pro­clami e buone inten­zioni. Strada facendo i loro for­coni si sono spun­tati con­tro la real­po­li­tik della gestione quo­ti­diana, indu­cen­doli a più miti consigli.

«Rifiuti zero», il loro acuto grido di bat­ta­glia in cam­pa­gna elet­to­rale con il «No» a quell’impianto di ince­ne­ri­mento allora in costru­zione a una man­ciata di chi­lo­me­tri dal cen­tro sto­rico. Doveva essere fer­mato, smon­tato, ven­duto a pezzi ai cinesi e, il resto, ricon­ver­tito dagli olan­desi in un impianto di sele­zione evo­luto. Parma come San Fran­ci­sco, mecca inter­na­zio­nale del rici­clo vir­tuoso. E Parma, umi­liata dalle manette che ave­vano tra­volto la giunta comu­nale di Pie­tro Vignali, si aggrappò al credo ambien­ta­li­sta di Fede­rico Piz­za­rotti, felice di ricon­qui­stare i riflet­tori nazio­nali per lo stra­bi­liante risul­tato del voto, non più per le rube­rie della città champagne.

Ma da dieci mesi l’inceneritore fuma alle porte della città, a due passi dalla Barilla, nel cuore della food val­ley. L’inaugurazione uffi­ciale avverrà tra qual­che set­ti­mana, intanto comun­que bru­cia i rifiuti del capo­luogo e di un pezzo della pro­vin­cia anche se all’orizzonte si pro­fila il rischio che possa ospi­tare spaz­za­tura da altri ter­ri­tori (se ne sta discu­tendo in Regione) fosse solo per resti­tuire il favore di dieci anni di espor­ta­zione par­mi­giana. Ipo­tesi imme­dia­ta­mente stron­cata dall’amministrazione pen­ta­stel­lata, con la stessa forza con la quale aveva boc­ciato anche l’accensione del camino. «Dovranno pas­sare sul cada­vere di Piz­za­rotti» tuonò in piena cam­pa­gna elet­to­rale Beppe Grillo con­tro quello che bollò come un tumo­ri­fi­cio. «Avremo un cada­vere schiac­ciato» chiosò con iro­nia Elvio Ubaldi, il sin­daco che quel pro­getto lo vide nascere.

Eppure Piz­za­rotti, quel forno, dimo­strò di volerlo spe­gnere dav­vero. Lo mise addi­rit­tura, nero su bianco, nel pro­gramma di inse­dia­mento: «Stop alla costru­zione dell’inceneritore e sua ricon­ver­sione in un cen­tro di rici­clo e recu­pero». E la sua mag­gio­ranza mono­co­lore votò com­patta. «Non ho mai detto che lo avrei fer­mato, ma che avrei fatto il pos­si­bile» afferma invece oggi il sin­daco, scon­fes­sando pub­bli­ca­mente il suo stesso docu­mento. Un’aperta con­trad­di­zione che i par­mi­giani accet­tano con ras­se­gnato distacco, salvo che la que­stione non leda l’orgoglio locale. Se Grillo parte all’attacco — «Chi man­gerà il par­mi­giano e i pro­sciutti imbot­titi di dios­sina?» — il sin­daco, ani­mato da sano rea­li­smo, si affretta invece a pre­miare, pro­prio nella gior­nata del santo patrono, l’imbufalito Con­sor­zio di tutela del salume ducale. «Un brand, quello del Pro­sciutto di Parma sino­nimo di eccel­lenza e di qua­lità», si legge nella moti­va­zione dal sen­tore riparatorio.

Più che una rivo­lu­zione, quindi, quell’inceneritore si sta rive­lando una via cru­cis per il primo cit­ta­dino, par­tito con can­dido slan­cio. «Mica met­tiamo una bomba, si va da Iren e si parla», disse a urne ancora calde. E per tutta rispo­sta la mul­ti­ser­vizi, che aveva già inve­stito 194 milioni di euro, chiese un risar­ci­mento danni per stop al can­tiere da 27 milioni (sulla cui con­gruità dovrà a breve deci­dere il Tar) ai quali se ne potreb­bero aggiun­gere altri 7 a causa di un fermo deciso dallo stesso Pizzarotti.

Ma anche l’accensione costa e l’obiettivo «rifiuti zero» resta un mirag­gio nono­stante la rac­colta dif­fe­ren­ziata spinta sia stata estesa a tutta la città per por­tare Parma al di sopra di quel misero 50% che la relega a fondo clas­si­fica tra i comuni della regione. L’amministrazione 5 Stelle ce la sta met­tendo tutta, ma il sistema di rac­colta, lo stesso adot­tato da Iren in tutte le zone ser­vite, è aspra­mente cri­ti­cato dall’opposizione comu­nale che chiede un ritorno ai più igie­nici cas­so­netti men­tre oggi i sac­chetti dell’immondizia si accu­mu­lano nelle strade con i par­mi­giani con­fusi che abban­do­nano sui mar­cia­piedi tutto quello che non sanno come e dove smaltire.

«La colpa di Piz­za­rotti agli occhi di Grillo - scrive il capo­gruppo del Pd in con­si­glio comu­nale Nicola Dall’Olio - è di non essere più, e pro­ba­bil­mente non essere mai stato, rivo­lu­zio­na­rio». E sull’inceneritore aggiunge: «Non ha avuto il corag­gio di immo­larsi per fer­marlo a ogni costo». I par­mi­giani però non hanno rispol­ve­rato la ghi­gliot­tina per­ché dopo la Parma cham­pa­gne sem­brano accon­ten­tarsi di un’onesta mal­va­sia. «Almeno que­sti non rubano», il com­mento più dif­fuso che cir­cola nei bar. Con buona pace della rivo­lu­zione attesa.

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