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Enrico Franceschini
Quei 250 grattacieli che dividono Londra “un progetto shock”
31 Marzo 2014
Post 2012
Tutto il mondo è malpaese. Ma anche all'estero primeggiano gli archistar italiani. «Tra l’altro questi grattacieli non rispondono al bisogno di alloggi popolari ma solo a speculazioni immobiliari che muterebbero per sempre l’aspetto della capitale».

Tutto il mondo è malpaese. Ma anche all'estero primeggiano gli archistar italiani. «Tra l’altro questi grattacieli non rispondono al bisogno di alloggi popolari ma solo a speculazioni immobiliari che muterebbero per sempre l’aspetto della capitale». La Repubblica, 31 marzo 2014

Cosa fa venire in mente un grappolo di grattacieli? Una volta la risposta era obbligata: New York. Oggi potrebbe essere anche Shanghai, Hong Kong, Dubai. Ma domani rischia di diventare Londra. Già trasformata da decine di torri nella vecchia City, nella nuova cittadella della finanza a Canary Wharf e lungo il Tamigi, ora la capitale britannica sta per costruire altri 250 grattacieli. Fatti più in là, Manhattan, potrebbe dire alla metropoli sua rivale dall’altra parte dell’oceano. Sennonché un gruppo di scrittori, artisti e intellettuali accusa il sindaco Boris Johnson di volere stravolgere lo skyline e il carattere della metropoli, lanciando una petizione pubblica per provare a fermare il progetto.

I firmatari comprendono alcune delle voci più prestigiose e autorevoli della città, dal romanziere Alan Bennett allo scultore Anish Kapoor, dal filosofo Alain de Botton all’architetto Alison Brooks, da Charles Saumarez Smith, direttore della Royal Academy, a lord Baker, ex-ministro degli Interni conservatore, a due pesi massimi del partito laburista, il deputato nero David Lammy (che qualcuno ha ribattezzato l’Obama inglese) e l’ex-ministro della cultura Tessa Jowell, non a caso, questi ultimi, entrambi aspiranti a rimpiazzare Johnson come primo cittadino alle prossime elezioni. «È scioccante che si prepari un cambiamento così radicale dell’orizzonte di Londra praticamente senza dibattito, senza che la popolazione ne sia nemmeno consapevole », afferma la petizione, sostenuta da una settantina di personaggi di spicco. «Tra l’altro questi grattacieli non rispondono al bisogno di alloggi popolari ma solo a speculazioni immobiliari che muterebbero per sempre l’aspetto della capitale».

L’aspetto di Londra in verità è già molto mutato negli ultimi due decenni. Lo skyline odierno non è più dominato dalla cupola della cattedrale di Saint Paul, che nel ‘700 faceva declamare a un poeta: «Dentro, fuori, sopra, sotto, l’occhio si riempie di delizia». Nel ventunesimo secolo l’occhio del visitatore si riempie di torri come il Cheese-Grater (la Grattugia), il Walkie-Talkie (il Radiotelefono), il Gerkhin (il Cetriolo) e al di sopra di tutti lo Shard (la Scheggia) disegnato da Renzo Piano, la più alta d’Europa, solo per citare le più note, senza dimenticare le due gemelle di Canary Wharf in cui lavorano più di 50 mila persone. I progetti autorizzati dalla municipalità, tuttavia, promettono di aggiungere nel prossimo decennio all’orizzonte cittadino 200 grattacieli di oltre venti piani, 30 di quaranta piani e 20 di almeno cinquanta piani. L’identità di una metropoli di case basse, anche per questo meno claustrofobica di New York e altre città fitte di torri, ne risulterebbe fortemente alterata.

Il sindaco Johnson risponde dicendosi disposto ad avviare un dibattito «con gli altrettanto autorevoli esperti » da lui consultati prima di dare via libera ai progetti, e ribatte che i grattacieli porterebbero lavoro, dinamismo e vivacità alla Londra del terzo millennio. I suoi critici obiettano che la metropoli più grande d’Europa sta diventando vittima di una bolla immobiliare in cui i prezzi delle case salgono del 15 per cento l’anno. Un parco giochi per ricchi di ogni angolo della terra. A loro sono destinati i 250 nuovi grattacieli di Londra.

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