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Norma Rangeri
Compagno Schulz
2 Marzo 2014
Articoli del 2014
Qualche differenza ancora c'è tra le socialdemocrazie europee e il liberalsocialismo forzitaliota di Matteo Renzi e del


Qualche differenza ancora c'è tra le socialdemocrazie europee e il liberalsocialismo forzitaliota di Matteo Renzi e del

suo partito. Ma la sinistra è un'altra cosa. Il manifesto, 2 marzo 2014

Chissà se al com­pa­gno Renzi sarà andato di tra­verso il pop-corn quando Mar­tin Schulz, a con­clu­sione del congresso-convenscion del Pse, ha esor­dito con «Cari com­pa­gni…», rivol­gen­dosi natu­ral­mente anche alla folta dele­ga­zione di un par­tito, che ha can­cel­lato la parola sini­stra dal suo nome. Il libraio di Wur­se­len è da ieri il can­di­dato alla pre­si­denza della Com­mis­sione euro­pea. Lo ha desi­gnato l’assise di Roma, alla fine delle tre gior­nate con­vo­cate per accen­dere i motori di una cam­pa­gna elet­to­rale dif­fi­cile, deci­siva, con una posta altis­sima per la sini­stra e per le sorti stesse dell’Europa.

Nella sala del palazzo dei con­gressi quello di Schulz è risuo­nato come un discorso d’altri tempi, più vicino alle corde di un socia­li­smo lom­bar­diano d’altri tempi che a quelle di un libe­ri­smo blai­riano, ispi­ra­tore del nuovo corso ren­ziano. Con­tro una crisi che ha fatto «i ric­chi sem­pre più ric­chi», che ha pro­dotto «120 milioni di poveri, 27 milioni di disoc­cu­pati», Schulz ha chie­sto ai rap­pre­sen­tanti del socia­li­smo euro­peo se erano «ancora in grado di sen­tire il dolore di chi con la crisi ha perso il lavoro, la casa, la cer­tezza di poter sfa­mare i pro­pri figli», per­ché «solo se saremo in grado di con­di­vi­dere que­sto dolore — ha avver­tito il lea­der social­de­mo­cra­tico — potremo meri­tare di vin­cere le elezioni».

Que­sto socia­li­sta che milita nell’Spd dall’età di dician­nove anni, ha par­lato del biso­gno di rico­struire un’Europa sociale e demo­cra­tica, aperta nelle sue fron­tiere, dove «nes­sun paese dovrà imporsi agli altri», dove «al cen­tro dovrà esserci la parola ugua­glianza», con­tro la “mano invi­si­bile” del mer­cato che tutto regola, con­tro una poli­tica che «pensa solo a sal­vare le ban­che», con­tro «i cinici sem­pre in agguato, e sem­pre pronti a dire che il voto non conta per­ché sono gli accordi nasco­sti», a det­tare legge. Dun­que il pros­simo 25 mag­gio la sini­stra «che si è persa deve ritor­nare a casa».

Ma Schulz è anche un bravo equi­li­bri­sta, molto attento a non nomi­nare la revi­sione dei Trat­tati, a non citare mai la Bce, a glis­sare sulle lar­ghe intese che in Ger­ma­nia e in Ita­lia con­ti­nuano a par­lare la lin­gua del fiscal com­pact. Una lacuna tem­pe­sti­va­mente col­mata da Renzi quando, nel suo breve inter­vento, ha assi­cu­rato che prima di tutto l’Italia «deve adem­piere ai pro­pri obbli­ghi tenendo i conti in ordine». Tutto il con­tra­rio di quel che ispira il can­di­dato della sini­stra Ale­xis Tsi­pras, sim­bolo di una bat­ta­glia e di una coa­li­zione che mette al cen­tro la cri­tica alla poli­tica eco­no­mica delle isti­tu­zioni mone­ta­rie e dei governi che se ne sono arci­gni guar­diani. E che, dalla Gre­cia, indica la rotta per un’altra Europa.

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