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Ida Dominijanni
Italian hustle
14 Febbraio 2014
Articoli del 2014
Era facile prevedere ciò che è avvenuto. Il casino italiano (epicentro nel PD), esploso il 13 febbraio era già chiaro a chi, come Dominijanni, sa vedere i ciechi prima che finiscano nel burrone.
Era facile prevedere ciò che è avvenuto. Il casino italiano (epicentro nel PD), esploso il 13 febbraio era già chiaro a chi, come Dominijanni, sa vedere i ciechi prima che finiscano nel burrone.

Idadominijanni.com, 13 febbraio 2014

Una crisi drammatica, una gestione ridicola, scrive Lucia Annunziata sull’Huffington Post commentando «il clima da ragazzi del muretto, sbracato nei modi, nello stile e nella sostanza» che ci tocca respirare. Sullo stile da ragazzi del muretto, argomento tutt’altro che secondario, torno dopo. Prima, due punti sul dramma e sulla farsa.

Primo punto. Salvo improbabili colpi di scena alla direzione del Pd di oggi, fra pochi giorni avremo il terzo presidente del consiglio nominato dal Colle (e stavolta largamente autonominato), senza alcun rapporto, né diretto né indiretto, con il pronunciamento elettorale. Siccome però le cose ripetendosi peggiorano, questa terza volta è peggiore, se possibile, delle due precedenti: non c’è l’emergenza dello spread con cui fu coperta l’operazione Monti, né l’impossibilità di costruire una maggioranza coerente con il voto con cui fu coperta l’operazione Letta. C’è solo, rivendicato da Napolitano a Lisbona, il rifiuto fobico di un ritorno alle urne, unito all’arrogante fretta di Matteo Renzo di insediarsi a Palazzo Chigi, fretta a sua volta accompagnata da un consumismo della leaderhip che ha raggiunto, nel Pd, livelli patologici.

Poco da eccepire se fossimo realmente, come tutt’ora siamo formalmente, in una Repubblica parlamentare, dove i governi li formano le Camere (e tuttavia anche in questo caso tornare alle urne sarebbe a questo punto necessario, essendosi il quadro politico profondamente modificato nell’ultimo anno, con la decadenza di Berlusconi da un lato e l’avvento di Renzi dall’altro, ed avendoci la Consulta liberati dal Porcellum). Ma noi siamo da più di vent’anni in una terra di nessuno, dove la Costituzione formale è continuamente sfidata, contraddetta e delegittimata da un senso comune, di destra e di sinistra, che i governi li vuole eletti, o indicati, dal popolo. Di più: la stessa crisi di questi giorni è figlia di questo senso comune, la leadership di Renzi essendosi costruita precisamente sulla promessa di non varcare la soglia di palazzo Chigi senza mandato popolare, e sull’impegno di varare una legge elettorale che garantisca governi stabili, duraturi e legittimati dal voto. Il paradosso dunque è il seguente: si forma con una manovra di palazzo un governo, il terzo, col mandato di varare le mitiche ‘riforme’ contro le manovre di palazzo (e magari incapace, come i precedenti, di vararle). Un imbroglio che sfugge al principio di non contraddizione.

Secondo punto. Quando il principio di non contraddizione in politica salta, è perché operano altri principi che rispondono ad altre logiche, come quello dei rapporti di forza allo stato duro e puro. Il passaggio dirimente e illuminante di questa crisi resta, da questo punto di vista, quello del cosiddetto scoop della premiata coppia Corriere della Sera- Financial Times. Inconsistente giornalisticamente – si sapeva ed era già stato scritto tutto o quasi già nell’estate del 2011, quando il Corsera peraltro taceva e approvava -, inequivocabile politicamente: una richiesta perentoria di cambio del cavallo spedita dall’establishment che conta a Napolitano, e da Napolitano prontamente raccolta in poche ore con la convocazione accelerata di Renzi al Quirinale. Di nuovo ha ragione Lucia Annunziata: il combinato disposto fra questa traiettoria dei cosiddetti ”poteri forti” – non da oggi privi peraltro di un qualsivoglia progetto sul paese – e il personalismo mediatico degli uomini politici in campo – ma in primis di Matteo Renzi, dico io – accentuano in modo dirompente la deriva oligarchica del sistema-Italia. Oltre a gettare finalmente la luce giusta sull’ideologia della rottamazione: quando il gioco si fa duro, non è ai e alle quarantenni acqua e sapone che lo si lascia in mano. Riportare la gestione della crisi nell’alveo e nelle forme istituzionali è a questo punto il minimo che si possa fare, e bene fa Enrico Letta, con tutti i limiti che gli si possono e devono imputare, ad esigerlo.

Vengo infine allo stile ”ragazzi del muretto”. Sulle cui più patenti manifestazioni – irresponsabilità, leggerezza, senso di onnipotenza, personalismi e maleducazione – non merita neanche insistere. Vale la pena piuttosto di soffermarsi sull’ennesimo capolavoro politico-simbolico che il Pd è riuscito a realizzare ribaltando, anche su questo piano, il vantaggio del rinnovamento in cui si trovava rispetto al partito padronale di Berlusconi in un disastroso svantaggio, complice il coro mediatico affabulato dalla rottamazione di cui sopra, dalla loquace intraprendenza del sindaco di Firenze e dalle garanzie rivoluzionarie delle smart blu. Adesso però non dovrebbe sfuggire a nessuno quanto sia più rassicurante per il grande pubblico la transizione generazionale soft di cui Berlusconi si atteggia a garante rispetto allo spettacolo che la new generation del Pd sta offrendo di sé, superando di molti punti quella precedente già affollata di campioni nella specialità del fratricidio. C’è voluto del talento nel consegnare questo vantaggio al leader decadente e decaduto, amorale e illegale, cinico e gaudente del bunga-bunga. E non è solo un talento maschile. Siamo state tutte adolescenti e tutte sappiamo che sul muretto i ragazzi esagerano finché le ragazze non dicono basta. Ma sul muretto del centrosinistra italiano non ce n’è una sola a dirlo, tutte impegnate come sono o a fare diligentemente da coro o a contare meticolosamente di quante parolacce sono vittime.

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