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Barbara Spinelli
La fiaba moderna della Grande Trattativa
22 Gennaio 2014
Articoli del 2014
Quandola politica prescinde così platealmente dalla giustizia, quest’ultima evapora.Negoziare non solo la legge elettorale ma anche la Costituzione con unpregiudicato è difficilmente comprensibile ». La Repubblica, 22 gennaio 2014
La Repubblica, 22 gennaio 2014

DIFFICILEpensare che un politico accorto, abituato a vincere, usi le parole a casaccio.Che si spinga fino a dire, come Renzi dopo l’incontro con Berlusconi alNazareno, che nel colloquio è emersa «profonda sintonia». Sintonia si ha quandoil suono che emetti s’accorda perfettamente con un altro. Se poi è addirittura profonda,ogni incongruenza diventa schiuma delle cose. Schiuma la condanna giudiziariadel Cavaliere; schiuma l’imperio della legge. Armonia regna. La Grande Trattativapuò iniziare.
Se fosseuna fiaba, e non un pezzo emblematico di storia italiana, le incongruenzesarebbero normali: la montagna che scali è in realtà una pianura, i sassolinibianchi che raccogli nel bosco ti fanno dimenticare che la madre ti ha scacciatoe gettato nella notte. Stoffa delle fiabe è anche il ripetersi del perturbante,che risbuca uguale a se stesso finché l’incanto si spezza.

Non cosìin politica, dove il perturbante stride: per alcuni insopportabile, per altriincomprensibile. Quando la politica prescinde così platealmente dallagiustizia, quest’ultima evapora. Negoziare non solo la legge elettorale maanche la Costituzione con un pregiudicato è difficilmente giustificabile perchégli italiani si diranno: ma come, Berlusconi non era interdetto? incandidabile?Che ne è, della maestà della Legge?
La fiaba,dice Cristina Campo, è una professione di fede; è «incredulità nellaonnipotenza del visibile». Non fidarti di quel che vedi, credi piuttostonell’invisibile, nel sotterraneo. Non è successo nulla nei tribunali,Berlusconi s’è candidato alle europee e nessuno inarca il sopracciglio. Quelche hai visto al Nazareno, la favola lo rende possibile: la politica più cheautonoma è sconnessa dalla giustizia,
Berlusconiha milioni di elettori e solo questo conta. Lui l’ha sempre preteso.La sintoniaaffiorò subito, quando il manager entrò in politica col suo enorme conflitto diinteressi e gli fu condonato. A più riprese fu poi protetto; in momenti criticiNapolitano gli diede tempo per rialzarsi; ogni volta lo scettro gli furestituito. Lo stesso accade oggi, sei mesi dopo la sentenza: il condannatos’accampa sugli schermi come cofondatore, addirittura, di nuove Costituzioni.

«Lapacificazione che non è riuscita a Letta è andata in porto con Renzi», sicompiace Forza Italia.La pacificazione copre punti cruciali, a cominciare dallalegge elettorale. Per Berlusconi l’Italia deve essere bipolare, perfinobipartitica: sempre ha detto che l’esecutivo non va imbrigliato. Solo direcente ha accettato, per convenienza, larghe intese. Renzi gli fa eco:l’accordo «garantisce la governabilità, il bipolarismo, ed elimina il ricattodei partiti piccoli».
Larappresentatività neanche è menzionata. Forza Italia recupererà Alfano, ma ilPd chi recupererà? Non solo: Berlusconi ha sempre voluto Camere di nominati, econ le liste boccate (sia pur piccole) i nominati torneranno. Forse Renzi ciripenserà. Al momento, anch’egli sogna deputati controllabili. Ha tirato fuoriil doppio turno: che evita gli inciuci, non i parlamenti blindati.

Unaminoranza del Pd s’indigna («Mi sono vergognato », ha detto Fassina, e Cuperlosi è dimesso da Presidente). Ma anche qui regna l’infingimento fiabesco. Chis’offende ha fatto le stesse cose, per vent’anni, senza vergogna in eccesso.Agì nell’identico modo Veltroni, quando nel gennaio 2008 proclamò a Orvieto cheil Pd rompeva le alleanze e «correva da solo» contro Berlusconi. Meno diquattro mesi dopo il governo Prodi cadeva, Berlusconi saliva al trono. Néfurono meno corrivi D’Alema, Violante, che ignorarono la legge sul conflittod’interessi aprendo le porte al capo d’un imperotelevisivo. Dicono alcuni cheRenzi può patteggiare, essendo «nato-dopo» questa storia di compromessi. Ma inati-dopo sono responsabilidella Storia (compresa la non elezione di Prodi eRodotà al Quirinale, compreso il tradimento dei 101) anche se personalmenteincolpevoli. Da quando guida il Pd, l’incolpevole risponde del passato, e diun’autocritica storica che tarda a venire.

SostieneRenzi che tutto è diverso, oggi: la sintonia è semplice accordo, obbligato e«fatto alla luce del sole». La consolazione è magra. Berlusconi esce dallanotte ed entra nel giorno, con lui si rifanno leggi elettorali e anchecostituzioni. Smetterà d’essere considerato un pregiudicato e dunque infido.Già ha smesso: è il senso simbolico-fatato dellaGrande Trattativa.Conta aquesto punto sapere l’oggetto del patto. Per alcuni è la salvezza del boss daigiudici, vil razza dannata.

Più nelprofondo, è la consacrazione di nuovi padri costituenti. Tra loro ha da essercichi, anche se condannato, s’ostina a definire desueta la Costituzione del ’48.L’ha ribadito l’11 gennaio: «Abbiamo fiducia, con una legge elettorale che diail premio di governabilità del 15%, di arrivare da soli ad avere la maggioranzain Parlamento, per poter farequello di cui l’Italia ha bisogno dal 1948 aoggi». Il ’48, in altre parole, fu un inizio nefasto. Non si sa se la sintoniaprofonda copra anche questo. Renzi parla solo di Senato e regioni, ma quelchesuccederà dopo non è chiaro.Chiaro è però l’approdo: l’Italia deve esserebipolare, bipartitica, e i governi non destabilizzabili da coalizioniinsidiose. Un’ambizione legittima, se l’Italia politica fosse davvero divisa indue. Ma è divisa in tre: la crisi ha partorito Grillo. Semplificare quel che ècomplesso è la molla di Berlusconi, di Renzi, di Letta, anche del Colle. Ilfine è un comando oligarchico, non prigioniero delle troppo frammentate volontàcittadine. La soglia elettorale dell’8 per cento per i partiti solitari è unamannaia. Grillo non temerà concorrenti.

Nel suoultimo libro, Luciano Gallino dà un nome alla nuova Costituzione cui tantitendono: la chiama costituzione di Davos.Il termine lo coniò in una riunione aDavos Renato Ruggiero, ex direttore dell’Organizzazione mondiale per ilcommercio: «Noi non stiamo più scrivendo le regole dell’interazione traeconomie nazionali separate. Noi stiamo scrivendo la costituzione di unasingola economia globale». Un obiettivo non riprovevole in sé (anche Kant l’immaginò),se lo scopo non fosse quello di «proteggere un’unica categoria di cittadini,l’investitore societario globale. Gli interessi di altre parti in causa —lavoratori, comunità, società civile e altri i cui diritti duramenteconquistati vennero finalmente istituzionalizzati nelle società democratiche —sono stati esclusi»(Gallino, Il colpo diStato di banche e governi,Einaudi 2013).Non stupisce che 5 Stelle (o altrimovimenti alternativi) disturbino i semplificatori. Sia pure caoticamente, lasocietà civile — quella vera — s’interessa alla politica perché vede minacciatinon interessi di parte ma il pubblico bene,come definito da Machiavelli:proprio il bene ignorato dalla costituzione di Davos.

Nonstupisce nemmeno che nelle mappe raffiguranti l’odierno Parlamento, lo spicchiodi 5 Stelle perda spesso il nome: è occupato da «Altri». Era così nelle mappedel decimo secolo. Dove cominciavano terre sconosciute, specie asiatiche, siscriveva : Hic abundant leones, quiabbondano i leoni. Questo forse intendeva il capo dello Stato, dopo leamministrative del ‘12, quando di Grillo disse: «Non vedo boom».I leoni sonoora in Parlamento, e ci torneranno. Possono dire qualcosa, difendere laCostituzione del ’48, la legalità. È grave che non agiscano, lasciando che laSintonia sia ancor più vasta. Il loro sbigottimento di fronte all’incontro cheha rilegittimato un politico condannato lo si può capire.

È vero, «l’Italia èin preda alle allucinazioni e ai déjà-vu».Ma lo stato di stupore non è sufficiente. Alla lunga paralizza. La GrandeTrattativa non è scongiurata: davanti a tanti volti trasecolati, può proseguirenei più imprevedibili dei modi.
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