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Luca Fazio
Kyenge: “Democrazia in pericolo, stop ai programmi politici che istigano al razzismo”
16 Gennaio 2014
Articoli del 2014
Un'intervista alla coraggiosa combattente per la difesa di una Repubblica che rispetti la propria Costituzione e i più elementari diritti umani.

Un'intervista alla coraggiosa combattente per la difesa di una Repubblica che rispetti la propria Costituzione e i più elementari diritti umani.

Il manifesto, 16 gennaio 2013

Forse la Lega di Mat­teo Sal­vini che va a brac­cetto con Marine Le Pen ha pas­sato il segno. La mini­stra per l’Integrazione Cécile Kyenge, non fosse altro che per una que­stione di toni, que­sta volta sem­bra decisa a pre­ten­dere un’azione più decisa con­tro il raz­zi­smo. Non per una que­stione per­so­nale, “non sono solo io il ber­sa­glio di certi attac­chi raz­zi­sti, è la demo­cra­zia stessa ad essere in peri­colo”. Se tanta deter­mi­na­zione avrà un seguito, allora forse ci dovremo abi­tuare a una mini­stra che non si limi­terà a glis­sare con classe, o con iro­nia, alle pro­vo­ca­zioni cui viene sot­to­po­sta ogni volta che par­te­cipa a un dibat­tito pub­blico. Kyenge è arrabbiata.

Mini­stra, gli insulti raz­zi­sti e le frasi imbe­cilli con­ti­nuano. Siamo arri­vati al punto che la poli­zia deve blin­dare i luo­ghi che lei fre­quenta. Lei ha detto che devono essere fer­mati. In che modo? Pensa che ci siano gli estremi per impe­dire l’assedio dei leghisti?

A que­sto punto penso che sia neces­sa­rio e urgente met­tere in campo un’azione poli­tica forte, dico que­sto non solo per difen­dere la mia per­sona ma soprat­tutto per tute­lare ogni tipo di diver­sità da que­sti attac­chi intol­le­ra­bili. La mini­stra Kyenge è solo un pre­te­sto, io vengo attac­cata e stru­men­ta­liz­zata per col­pire un sim­bolo che va ben al di là della mia per­sona: il vero obiet­tivo è la demo­cra­zia. Rico­pro un ruolo poli­tico con una carica impor­tante, sono un mini­stro della Repub­blica ita­liana, e vengo col­pita per por­tare avanti un discorso peri­co­lo­sis­simo che genera paura e intol­le­ranza. E’ que­sto un ten­ta­tivo che biso­gna asso­lu­ta­mente fer­mare in ogni modo. Dob­biamo ritro­vare l’orgoglio delle nostre istituzioni.

Per Roberto Maroni anche gli insulti sono solo cri­ti­che legit­time e nes­sun leghi­sta sem­bra pen­tito per il basso livello di certi attacchi.

Prima di tutto vor­rei ricor­dar­gli che lui è un lea­der di un gruppo poli­tico e recen­te­mente ha anche rico­perto un ruolo impor­tante e deli­cato come mini­stro degli Interni, per que­sto dovrebbe cogliere l’opportunità di dire cose diverse a que­sto pro­po­sito. Que­sti sono fatti gravi che non riguar­dano solo la mia per­sona e un poli­tico serio li deve sem­pre condannare.

Cosa intende quando dice che serve una rea­zione poli­tica forte? In Ita­lia esi­ste già una legge che puni­sce il reato di isti­ga­zione all’odio razziale.

Sì certo, esi­ste, ma io credo che ci siano delle moda­lità di inter­vento ancora più inci­sive per sen­si­bi­liz­zare la popo­la­zione sul tema del raz­zi­smo. E’ in atto una cam­pa­gna media­tica elet­to­rale molto vio­lenta, la stanno facendo sulla pelle di qual­cuno per col­pire i valori della demo­cra­zia e della con­vi­venza. Tutti devono com­pren­dere la gra­vità della situa­zione. Quando un depu­tato arriva a tin­gersi di nero la fac­cia in par­la­mento, allora signi­fica che siamo andati oltre e che abbiamo pas­sato il segno.

Appunto, e quindi?

Dob­biamo arri­vare ad esclu­dere pro­grammi poli­tici che isti­gano al raz­zi­smo. Sia in Ita­lia che in Europa.

Il para­gone forse non è così azzar­dato: in Fran­cia hanno vie­tato gli spet­ta­coli raz­zi­sti del comico Dieu­donné. Hanno fatto bene?

Si tratta di una que­stione molto deli­cata e con­tro­versa. Serve una discus­sione appro­fon­dita a livello euro­peo. Il mio mini­stero sta por­tando avanti un patto per l’Europa, si tratta di un docu­mento pro­gram­ma­tico che invita tutti i paesi a raf­for­zare i per­corsi cul­tu­rali neces­sari per fare argine al raz­zi­smo. Lo pre­sen­te­remo tra poco. Ciò non esclude, per tor­nare in Ita­lia, anche un raf­for­za­mento della legge Man­cino, lo ritengo neces­sa­rio, ma per­so­nal­mente ci tengo a sot­to­li­neare soprat­tutto l’utilità dei per­corsi di for­ma­zione e di sensibilizzazione.

Un’incursione nella poli­tica. In par­la­mento ci sono i numeri per abo­lire il reato di clan­de­sti­nità, un reato odioso per cui nes­suno però va in galera (è pre­vi­sta solo un’ammenda). Il punto vero è capire se ci sono i mar­gini per abo­lire la Bossi-Fini. Pensa che il Pd sia maturo al punto di rischiare una crisi di governo per abro­gare que­sta legge?

Il mio par­tito su que­sti temi ha indi­cato degli obiet­tivi ben pre­cisi, è chiaro che nell’ambito del patto di coa­li­zione adesso si aprirà una discus­sione impor­tante anche sulla Bossi-Fini.

Ma è evi­dente che il mini­stro Alfano non ci sta.

Il nostro obiet­tivo è riu­scire ad avere un governo diverso e forte anche su que­sti temi, ci impe­gne­remo per questo.

Che ne dice dell’esito del refe­ren­dum online del M5S sull’abolizione del reato di clan­de­sti­nità? Se lo aspettava?

La società evi­den­te­mente è cam­biata. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che quel reato sia total­mente privo di senso. Anche l’esito di quella con­sul­ta­zione dice che biso­gna avere il corag­gio di affron­tare la realtà

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