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Tomaso Montanari
Il senso dei musei
31 Gennaio 2014
Beni culturali
Perché i musei sono indispensabili strumenti per il futuro "al servizio della società e del suo sviluppo". Sempre che questo continui ad essere un obiettivo di chi ci governa. Un piccolo prezioso memorandum, a partire da una "rivoluzionaria" definizione internazionale.

Studi Trentini, 2, 2013 (m.p.g.)

«Il museo è un'istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto». Nell'imbarbarimento del discorso pubblico dell'Italia del 2014 anche la piana ed innocua definizione del museo messa a punto dall'International Council of Museums rischia di suonare rivoluzionaria. Ripartiamo dunque da queste parole: per tornare ad indicare con fermezza il senso dei musei.

«Il museo»
Sia consentito ricordare che delle nove Muse nessuna presiedeva alla pittura, alla scultura o all'architettura: il museo prende il nome da un consesso che praticava la poesia in tutte le sue varianti, il canto, il mimo e il teatro, la scienza e la storia. È l'uomo tutto intero intero, il vero progetto del museo. Le competenze specialistiche sono fondamentali: ma l'ago della bussola segue l'humanitas, la civilizzazione, «il pieno sviluppo della persona umana» (Costituzione della Repubblica, art. 3).

«è un'istituzione»
Politica: il museo è un'istituzione politica, un elemento cruciale nella costruzione della polis. E con le altre istituzioni politiche dell'Italia di oggi il museo condivide lo smarrimento, la confusione, a volte la corruzione, spesso il discredito. Ma, proprio come loro, non può essere sostituito con qualcosa di meglio: come loro, per tornare ad essere utile deve tornare ad essere davvero istituzione. Non asservita ai fini di chi temporaneamente la dirige: ma indipendente, autorevole, obbediente solo alla scienza, alla coscienza, alla legge.

«permanente»
Il museo non è una mostra. Non è effimero. Non si smonta. Non apre a singhiozzo. Non deve essere fagocitato, occultato, distrutto dalle mostre che ospita, né spolpato da quelle che alimenta. Deve essere un indirizzo sicuro: dove un cittadino sa che può trovare le opere che cerca.
Non può ridurre la sua attività scientifica, né la sua attività didattica, alle mostre. Forse in questo momento dovrebbe rifiutarsi di accoglierle, promuoverle, alimentarle. È un contesto intellettuale, non un'attrezzeria di scena.

«senza scopo di lucro»
Le opere dei musei sono uscite, faticosamente, dal circuito economico. Hanno un senso nuovo. Un senso che non si vende e non si compra. Un senso che dà senso a ciò che, invece, si vende e si compra.
Un museo che presta le sue opere a pagamento non è un museo. Un museo che noleggia le sue sale a pagamento non è un museo. Non si può servire a due padroni. In Italia, i musei pubblici dovrebbero essere gratuiti. Devono esserlo: come le biblioteche e le scuole.

«al servizio della società e del suo sviluppo»
I musei non sono al servizio di chi li dirige, né di chi ci lavora, né di chi li studia.
Non sono al servizio del denaro, né della classe politica. Non sono al servizio delle società di servizi – che, a Firenze o a Roma, ne hanno fatto 'cosa loro' – ma al servizio della società.

In Italia i musei sono al servizio del progetto della Costituzione: della sovranità del popolo, dell'uguaglianza sostanziale, del pieno sviluppo della persona umana. Al servizio dell'integrazione e della dignità di tutti. L'arte del passato, e i suoi legami con gli uomini e con la natura, ci introducono in un mondo di forme in cui sperimentiamo la disciplina e la libertà, l'invenzione e il realismo. E ci fa anche capire quanti modi diversi ci sono stati, e ci sono, per essere uomini: ci educa alla complessità, alla tolleranza, alla laicità. In una parola, accresce e sviluppa il nostro essere umani: la nostra humanitas, come si dice almeno dai tempi di Cicerone.

«aperta al pubblico»
Al pubblico: non al privato. Come la biblioteca, anche il museo deve essere una piazza del sapere. Non un luogo dove si va una volta nella vita, per vaccinarsi: ma uno spazio pubblico aperto. Ai cittadini, prima che ai turisti. Un luogo dove i bambini possono crescere, gli adulti rimanere umani, gli anziani godersi la libertà. Un luogo dove si va per vedere anche un'opera sola: come si va in biblioteca a leggere un libro. Un luogo dove, chi lo desidera, possa essere guidato: ma dove chi vuole perdersi possa farlo. Un luogo comodo: con molte sedie, buoni ristoranti, belle librerie.Un luogo aperto alla vita quotidiana, non il tempio di uno stanco rito sociale.

«che effettua ricerche»
Il cuore vero del museo è la ricerca. Un museo che non fa ricerca è un deposito di roba vecchia. Il fine non è la tutela: la tutela è uno strumento per la conoscenza. Quella scientifica, che poi deve diventare diffusa. Un museo non è una discarica per politici trombati, giornalisti finiti, membri cadetti di grandi famiglie. Un museo che non è guidato da un ricercatore è come un aereo che non è guidato da un pilota.Se non capiremo che un museo è più vicino ad un laboratorio di fisica che ad un club esclusivo, il museo non avrà futuro.

«sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uomo e del suo ambiente»
Il museo è come l'orco della favola: segue l'odore del sangue umano. Non per divorarlo, però: per farlo scorrere più forte. Al centro di ogni museo c'è l'uomo, nel suo contesto: l'ambiente. Il museo non può diventare opaco, non deve essere un feticcio, un idolo. Il museo è un mezzo: più e trasparente, più funziona. Non deve separare dall'ambiente: deve permettere di ricostruire i nessi, non spezzarli. Deve dichiarare la propria condizione di frammento: non autodivinizzarsi, non assolutizzarsi. Non può essere un mondo separato: ma un crocicchio di strade che portano fuori dalle sue mura.

«le acquisisce, le conserva, le comunica»
Le acquisisce per conservarle, le conserva per comunicarle. Un museo che non sa comunicare è meglio chiuderlo. Un museo che appalta la didattica o le mostre a un concessionario, non è un museo.
Nessun mezzo della comunicazione moderna è troppo basso: un museo di ricerca e senza fini di lucro non dovrebbe temere alcun canale di comunicazione. E fosse dato ai musei un millesimo del denaro gettato per comunicare le grandi mostre trash! Il patrimonio è come il repertorio della musica, o quello del teatro: va eseguito, generazione dopo generazione. Va narrato: è indivisibile dal lavoro di chi lo studia, lo 'parla', lo rimette nell'anima dei sui coetanei, lo tiene al centro del discorso pubblico.

«e specificamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto»
Studio vuol dire amore, educazione vuol dire tirar fuori l'umanità che è chiusa nell'uomo, il diletto è la dolcezza che ci avvince alla vita.Se un museo riesce a ridare a queste tre parole il loro significato etimologico, quello profondo: ebbene, quello è davvero un museo.

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