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Mauro Lissia
PPR, in azione la task force di Cappellacci
7 Agosto 2013
Sardegna
Una struttura tecnica esterna alla Regione è al lavoro per modificare le tutele dei beni paesaggistici. Prosegue così il tentativo di smantellare ogni impedimento alla cementificazione e privatizzazione dei paesaggi della Sardegna. Ma non tutto è ancora perduto: «In ballo c’è l’ok delle sovrintendenze: senza quello il nuovo piano finirebbe nel nulla». Il Mibac sarà complice dei Mazzarò?

La Nuova Sardegna, 7 agosto 2013

Il Piano paesaggistico regionale (Ppr) è diventato lo strumento ufficiale della pianificazione del territorio sardo il 25 novembre del 2004 e rappresenta ancor’oggi un esempio di tutela avanzatissimo. Preceduto dalla legge salvacoste, che congelò i progetti edificatori in corso all’epoca, venne elaborato dall’Ufficio del piano, coordinato dalla dirigente regionale Paola Cannas, su «ispirazione» di un gruppo di lavoro guidato da Edoardo Salzano, che stabilì un quadro di regole perfettamente ancorato alle disposizioni del Codice del Paesaggio o Codice Urbani, la legge nazionale che disciplina gli interventi sul paesaggio e la sua difesa secondo i dettami costituzionali. Sostenuto dagli ecologisti e contestato da diverse aree politiche e dalla grande impresa immobiliare, il Ppr ha retto a tutte le prove giudiziarie, uscendo rafforzato da sentenze del Consiglio di Stato che ne hanno confermato la legittimità. Le norme del Ppr servono a tutelare i beni culturali, identitari e paesaggistici della Sardegna in nome dell’interesse generale alla loro conservazione come patrimonio collettivo.

Fin dalla campagna elettorale, il governatore Ugo Cappellacci ha annunciato che la sua giunta avrebbe lavorato alla modifica di queste norme, considerandole troppo restrittive, per favorire la ripresa dell’attività edilizia anche sulle coste. Ad oggi il Ppr in vigore è quello approvato nel corso del governo Soru, ma le recenti leggi su golf e usi civici annunciano una revisione profonda delle tutele che potrebbe cambiare il futuro della Sardegna.

E’ una corsa contro il tempo:meno di un mese e mezzo per modificare il piano paesaggistico regionale e renderlo compatibile con la legge sul golf, la famigerata legge che minaccia il paradiso naturale di Tentizzos, e con la versione riveduta e corretta degli usi civici. Appena rientrato da un incontro romano col ministero dei Beni culturali, Ugo Cappellacci promette di raggiungere l’obbiettivo annunciato («percorso avviato, andremo avanti») e l’assessore all’urbanistica Nicolò Rassu gli fa eco: «I tempi stabiliti a marzo saranno rispettati». Metà settembre dunque, massimo l’inizio dell’autunno e gli uffici di viale Trento consegneranno alla giunta lo strumento destinato a migliorare - così sostengono - il Ppr di Renato Soru, quello ispirato alle idee del grande pianificatore Edoardo Salzano. Il primo di ottobre, stando sempre alle previsioni, si dovrà firmare il protocollo d’intesa col Mibac che spianerebbe la strada all’adozione del nuovo Ppr.

Qualcosa però non torna: se per la ricognizione degli oltre diecimila beni tutelati dal Ppr nell’isola e le prescrizioni d’uso erano stati previsti almeno 210 giorni di attività, i gruppi di lavoro chiamati a operare per la revisione del piano sono stati costituiti meno di due mesi fa, la determinazione firmata dal direttore generale dell’urbanistica Marco Melis è datata 10 giugno. Da allora ad oggi i funzionari chiamati a collaborare non hanno messo mano ad alcuna pratica legata al Ppr, non uno studio, una cartografia, niente di niente. Quindi a meno che Cappellacci e Rassu non intendano precettare gli uffici, bloccare i piani ferie e imporre in pieno agosto ai funzionari ritmi di lavoro forsennati, è impossibile che un intervento delicatissimo e complesso come quello annunciato possa essere realizzato alla scadenza confermata ancora ieri. L’altra volta, quando la Regione mise in moto la macchina del nuovo Ppr, l’assessorato aveva dato agli uffici dodici mesi di tempo: era il 2010 e fu la Procura della Repubblica - ricordiamo quei fatti in un servizio a parte - ad accertare come al 28 dicembre 2011 il lavoro di revisione non fosse neppure cominciato. Esattamente la stessa situazione di oggi, a sentire i funzionari che sulla carta dovrebbero essere impegnati alacremente nell’esame analitico di vincoli e tutele territoriali. Allora com’è che i vertici regionali si dichiarano certi di farcela?

Escluso che si tratti di un bluff, una risposta ci sarebbe: si chiama progetto Scus - Schema per il corretto uso del suolo - finanziato con la legge 14 del 14 luglio 2012. In pillole: un folto e articolato gruppo di lavoro esterno, chiamato a collaborare con i comuni per adeguare i piani urbanistici al Ppr. La Regione ha messo in conto 635 mila euro da spendere in due anni e mezzo per pagare 24 tecnici reclutati al di fuori dai ruoli pubblici, che da mesi operano sotto la vigilanza del comitato tecnico e del direttore generale Melis, occupandosi del nuovo Ppr, formalmente all’insaputa dei funzionari dipendenti dall’amministrazione regionale ma negli stessi uffici. A coordinarli è un ingegnere, Stefania Zedda, anche lei chiamata dall’esterno e considerata vicina al direttore generale Marco Melis. Come dire che cancellato l’ufficio del piano - allestito da Soru e dall’allora assessore all’urbanistica Gianvalerio Sanna, ingegneri e altre forze interne alla Regione messe insieme per elaborare il materiale tecnico alla base del Ppr - Cappellacci sembra aver affidato l’intervento di revisione del piano paesaggistico a un gruppo parallelo di strettissima fiducia, selezionato con criteri non dichiarati e pagato in base a contratti co.co.pro sconosciuti anche ai sindacati. Chiamato dalla Nuova Sardegna a chiarire se è così che il lavoro sta andando avanti e il perché di questa scelta, l’assessore Rassu ha risposto attraverso il suo addetto stampa di essere impegnato in attività istituzionali. Neppure cinque minuti per spiegare come siano stati reclutati i componenti del gruppo di lavoro per il progetto Scus, perché al 6 agosto 2013 i gruppi di tecnici interni siano ancora con le mani in mano e per quale motivo funzionari regionali di grande esperienza, che conoscono il Ppr per averci lavorato due anni sotto la giunta Soru, siano stati in parte inseriti nei gruppi ma finora esclusi dall’attività. In attesa delle risposte, alcuni funzionari regionali si preparano a ostacolare la fase conclusiva del lavoro di revisione: alla fine potrebbe mancare qualche firma fondamentale.

In ballo c’è l’ok delle sovrintendenze: senza quello il nuovo piano finirebbe nel nulla.
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