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Massimo Frontera
«Più qualità dai privati, subito 3mila alloggi per le famiglie povere»
7 Agosto 2013
Roma
Nell’ampia intervista al neo Assessore all’Urbanistica di Roma, Giovanni Caudo, ritorna finalmente una visione della città governata da una regia pubblica, sulla base di obiettivi chiari e trasparenti.
Nell’ampia intervista al neo Assessore all’Urbanistica di Roma, Giovanni Caudo, ritorna finalmente una visione della città governata da una regia pubblica, sulla base di obiettivi chiari e trasparenti. Il Sole 24Ore, Edilizia e Territorio, 5 agosto 2013 (m.p.g.)

La stagione degli accordi di programma progettati dai privati e dove l'amministrazione mette un "timbro" è chiusa. Sugli accordi con i privati ci sarà una regia forte dell'amministrazione capitolina e una tutela altrettanto forte dell'interesse pubblico. Per l'urbanistica romana si apre una nuova stagione all'insegna della "qualità" a tutto campo: qualità architettonica, cioè sul singolo manufatto, qualità urbanistica, che armonizzi gli interventi a livello di quartiere, qualità di gestione amministrativa dell'intero processo, per monitorare l'intervento dopo la convenzione in modo da prevenire contenziosi. Inoltre i privati possono dire addio agli ambiti di riserva: le aree verdi dell'agro romano non si toccano, saranno cancellate.

In compenso il Comune troverà le aree - ma anche i fabbricati da trasformare - per realizzare le case che servono. A partire dalle fasce più basse della popolazione. La Capitale ha bisogno subito di almeno 3mila alloggi per altrettante famiglie povere. Lo strumento principe della trasformazione urbana sarà il Print, cioè lo strumento previsto dal piano regolatore, ma rimasto sostanzialmente inutilizzato. Basti pensare che su 162 programmi integrati, solo uno, quello di Pietralata, è arrivato a maturazione. Le regole saranno riviste. Ci sarà anche una "manovrina" urbanistica, necessaria per risolvere la questione delle cosiddette "aree bianche", cioè le perimetrazioni che sono sfuggite, per errori o imprecisioni, alla zonizzazione di dettaglio del Prg. Non si tratta di poca cosa: sono state censite 228 di queste "aree bianche", di ampiezza variabile tra i 2.000 mq (per l'80%) fino ad arrivare a 5.000 mq. In definitiva si tratta di riassegnare funzioni a un'estensione di circa 480mila metri quadrati di territorio. Contestualmente, la manovrina urbanistica servirà anche a riaggiornare le funzioni dei servizi, dopo la scadenza dei vincoli fissati dal Prg. Ma oltre a governare l'urbanistica della Capitale, la sfida che il nuovo assessore ha preso di petto fin dal primo giorno di insediamento è quella di saltare sul treno dei fondi europei. Non è un caso che appena insediato come assessore all'Urbanistica, Giovanni Caudo, ha dedicato il primo atto amministrativo a spronare i suoi uffici a lavorare sulle proposte sulle quali chiedere le risorse 2014-2020 a valere sui fondi Fesr. L'altro obiettivo è quello di strappare risorse per la rigenerazione urbana anche dal Pon, dove Roma è in competizione con altre 12 città metropolitane (Torino, Milano, Genova, Bologna, Venezia, Firenze, Napoli, Bari, Messina-Reggio Calabria, Catania, Palermo, Cagliari).

Per dedicarsi interamente al governo dell'urbanistica romana, Giovanni Caudo ha pensato bene di sospendere la sua attività di docente interrompendo per ora i suoi corsi di Urbanistica alla Terza università di Roma. In questa articolata intervista "programmatica" rilasciata a «Edilizia e Territorio», Giovanni Caudo, tratteggia le linee guida del suo mandato nella nuova giunta guidata da Ignazio Marino. E comunica subito quali saranno i grandi progetti simbolo sui quali si misurerà la capacità del nuovo sindaco di Roma di migliorare la Capitale. I cinque macro-obiettivi che entrano nelle priorità dell'agenzia urbanistica sono l'asse Tiburtina-Pietralata; l'asse Roma-Fiumicino; gli ambiti del Tevere e dell'Aniene a Nordest; lo sviluppo urbano tra Roma e il mare; la valorizzazione delle aree archeologiche dell'Appia Antica e dei Fori. Questi nuovi "landmark" urbanistici della giunta Marino, sui quali cercherà di catalizzare i fondi europei per le politiche urbane, prendono il posto degli obiettivi della scorsa amministrazione Alemanno, tra cui la maxi demolizione di Tor Bella Monaca o la riqualificazione del waterfront di Ostia o la trasformazione della vecchia Fiera di Roma. II messaggio forte che Caudo vuole lanciare è che il prodotto finale sul territorio, sia esso il singolo edificio, sia esso l'assetto urbano a dimensione di quartiere, risponderà sempre a principi di qualità, architettonica e urbana. Per questo, quando possibile, si utilizzerà lo strumento del concorso di progettazione. Il sigillo di "qualità" di questo processo sta in una "certificazione" che sarà anche la garanzia che consentirà l'utilizzo delle risorse comunitarie. La struttura interna chiamata a governare questo processo sarà potenziata, con la creazione di unità operative, che Caudo sta selezionando, «a partire dalle risorse interne», sia pescando tra i 459 dipendenti dell'assessorato all'Urbanistica, sia tra i 676 impiegati della Spa capitolina Risorse per Roma.

Assessore, nel suo ruolo di docente universitario ha dedicato una particolare attenzione ad approfondire il tema casa. Secondo lei, esiste un'emergenza casa nella Capitale?
Certo che c'è un'emergenza. La casa è un'emergenza reale. In cima alla lista di chi chiede un alloggio popolare ci sono 3mila richieste di altrettante famiglie che hanno raggiunto il massimo del punteggio. Serve una risposta immediata, serve un piano straordinario di 3mila alloggi di edilizia sovvenzionata per dare una casa a queste famiglie. Sicuramente va affrontato anche il tema del disagio abitativo per quanti non riescono ad avere accesso né alla casa economica e nemmeno a quella del mercato libero.
Per rispondere a questa esigenza era stato varato il fondo dei fondi finalizzato all'housing sociale gestito dalla Sgr della Cassa depositi e prestiti. È un modello che funziona secondo lei?
A distanza di qualche anno dall'avvio dell'iniziativa i risultati sono deludenti, se confrontati con le aspettative. Ma la strada non può che essere un incontro tra privati e un investitore "paziente", di lungo periodo. Al modello del fondo dei fondi però manca qualcosa. Non è stato messo bene a punto.
Cosa manca?
Non abbiamo sviluppato la figura del gestore sociale, che in Italia manca e che invece nelle esperienze positive di altri Paesi assicura l'utilità sociale. La cosa che più si avvicina in Italia a una figura di questo genere è la cooperativa a proprietà indivisa.
Come si può garantire la qualità progettuale degli interventi di social housing?
Bisogna verificare tre condizioni: il suolo si deve comprare a basso costo, le risorse economiche non devono avere carattere speculativo e la gestione non deve gravare sul canone, altrimenti si rischia di non conseguire l'obiettivo. Per questo ultimo punto fondamentale è la qualità del progetto. Sempre all'estero, i piani di manutenzione ordinaria e straordinaria vengono fissati a monte, solo a quel punto la qualità del progetto è più garantita.
A Roma le aree ci sono? Non serve attingere alle aree di riserva?
Gli ambiti di riserva saranno cancellati. Le aree pubbliche esistono. E un patrimonio enorme. Immobili pubblici, aree ed edifici, localizzati spesso nelle aree già urbanizzate e dotate di infrastrutture di trasporto possono costituire un importante fattore in mano al soggetto pubblico per governare i processi di trasformazione urbana e per coinvolgere in questi processi i privati. All'interno di questa strategia si possono reperire le aree per l'edilizia sociale.
Quale ruolo deve avere il pubblico nella trasformazione della città? Azioni concrete da cui partire?
Per anni il rapporto pubblico-privato ha scontato una carenza della regia pubblica. Ci sono centinaia di contenziosi aperti tra il Comune e i privati che scaturiscono da un mancato controllo qualitativo della convenzione e della sua attuazione. Il nostro dipartimento ha un grande potenziale. La riorganizzazione della struttura a cui sto lavorando punta ad assicurare la qualità di questa fase del processo amministrativo. Anche perché da questi processi dipendono risorse importanti per l'economia della Capitale. Questo dipartimento immette nel sistema economico 420 milioni di euro, 200 milioni in moneta e 220 milioni di opere, cui si aggiungono 320 milioni di euro di opere a scomputo. Da permessi di costruire il Comune ricava 60 milioni di euro. E un importante ingranaggio per l'economia locale, anche se nell'ultimo anno i valori si sono dimezzati, e sono anzi aumentati i casi di imprese che restituiscono i permessi.
E secondo lei quale deve essere il rapporto del pubblico con i privati?
Abbiamo visto interventi scritti dai privati e accettati dall'amministrazione senza pensarci più di tanto. E sono fallite, vedi le ex Torri delle Finanze all'Eur (che dovevano lasciare il posto a un complesso residenziale di lusso promosso da Fintecna, ndf). Abbiamo davanti i ruderi della finanza ad alta intensità speculativa - come l'edificio tra Viale Giustiniano Imperatore e viale Cristoforo Colombo oppure il complesso per uffici a piazza dei Navigatori (entrambi promossi da Acqua Marcia, ndf) - che la città non può permettersi. Vogliamo invertire questa tendenza e dare certezza sia alle imprese, sia all'amministrazione. L'80% delle trasformazioni urbane lo realizziamo già oggi insieme ai privati, questo rapporto non può essere gestito in modo così approssimato come negli anni passati. Vogliamo dare certezze alle piccole e medie imprese che ci sarà una Pa che controllerà il rapporto pubblico-privato, che vigileremo sui tempi e le procedure. E questo approccio cercheremo di farlo permeare in tutte le iniziative, grandi e piccole.
Servirà una riorganizzazione interna?
Assolutamente sì. E una priorità. Risorse per Roma oggi conta 676 dipendenti (mentre nel 2008 erano 198) e le risorse interne all'assessorato sono 459. Riorganizzare il dipartimento non è mai stato oggetto di investimento, aree operative non sono strutturate secondo precisi obiettivi. La struttura che ho trovato riflette una pianificazione di vecchia maniera. Sto formando un unità operativa che verifichi il controllo della qualità, una che si preoccupi di farla permeare in tutte le iniziative, individuando di volta in volta gli strumenti più adatti. Una mia priorità è la certificazione, non solo degli edifici ma dei quartieri, con l'obiettivo di intercettare i finanziamenti europei per la rigenerazione urbana.
Cosa intende per certificazione?
Dobbiamo alzare l'asticella delle aspettative. Deve essere un obiettivo condiviso dalla Pa, costruttori, progettisti. Una mission del pubblico e del privato. In questo contesto promuoveremo anche dei concorsi di architettura e per temi urbanistici. In particolare ai giovani, forse ai giovani architetti romani potremo chiedere idee sperimentali per una nuova idea di trasformazione urbana.
Concorsi. Ha già qualche idea per qualche tema?
Nel Progetto Urbano Flaminio che intendiamo riprendere, dove si colloca anche l'intervento sulle Caserme di via Guido Reni, e dove il sindaco Ignazio Marino vuole realizzare il Museo della Scienza a pochi passi dal Maxxi, in quel caso lo strumento giusto è quello del concorso di progettazione internazionale.
E per i giovani?
Se immaginiamo un nuovo modello di Print, potremo costruire tanti spazi pubblici dove oggi manca un disegno urbano. Paesi come Olanda e Spagna fanno lavorare anche i loro giovani professionisti in questi contesti. Perché non possiamo fare altrettanto?
La precedente giunta ha lavorato per far decollare progetti ambiziosi, annunci che per ora non hanno avuto fortuna. Secondo lei, quali grandi progetti prioritari per Roma?
Non credo che Roma oggi abbia bisogno di progetti che lasciano il segno, dovremo governare bene le aree in cui è già in atto una trasformazione. Penso al quadrante Est dove c'è la nuova stazione Tiburtina che oggettivamente oggi non funziona, dove salirà la nuova sede di Bnp Paribas e si sta costruendo un nuovo insediamento in via della Lega Lombarda.
Si riferisce all'area di Pietralata?
Insieme 1 comprensorio di Pietralata e all'adiacente Print, si configura uno dei più grandi interventi di trasformazione urbana in Europa. Sarà interessante monitorare il processo di valorizzazione anche del tessuto minuto. Ci sono ampi lotti ancora disponibili. Il tutto collocandoci anche in un contesto di città metropolitana.
Come contate di affrontare l'operazione dell'ex Fiera di Roma, uno dei progetti che Alemanno ha ereditato dalla giunta precedente?
A breve incontrerò gli uffici della Fiera che si occupano del progetto per discuterne. Ma la vera questione non è tanto la vecchia fiera da trasformare, bensì il piano industriale della nuova Fiera. Cioè capire come vuole crescere e posizionarsi in un circuito internazionale e di come vuole aumentare la sua capacità attrattiva, valorizzando l'asse Roma-Fiumicino. Se invece la valorizzazione immobiliare è solo vista in funzione di ripianare i debiti della nuova Fiera, la questione è malposta.
Che ne pensa della trasformazione di Tor Bella Monaca?
Sono sempre stato contrario alla soluzione Alemanno. A Roma ci sono altri 113 quartieri come Tor Bella Monaca dove vivono 500mila abitanti, servono azioni meno eclatanti ma che siano più utili alla città, a tutta la città. Intendiamo tenere insieme la città, lavorare su più fronti, creando occasioni anche per chi vuole fare impresa.
Avete già incontrato i rappresentanti dei costruttori?
Sì. I costruttori dell'Acer hanno capito e condiviso il messaggio della nuova amministrazione. L'impresa potrà svolgere la propria azione e all'amministrazione spetta una regia pubblica della trasformazione urbana per affermare il principio che la città è pubblica.
Ha ancora senso parlare di centralità, il simbolo della città policentrica?
Buona parte delle centralità è stata pianificata. Ci sono alcune grandi aree di privati da pianificare.
Le principali sono Romanina e Acilia Madonnetta.
Su Acilia Madonnetta abbiamo attivato un'unità operativa che si occupa dell'area tra Ostia e il mare, che è una sorta di "città che non c'è". Una città che oggi non ha una maglia strutturale ma che potenzialmente vale molto anche per la presenza della pineta, di Ostia Antica, della rete dell'abitato: si tratta di un'area con 220mila abitanti. Va pensata in questo contesto complessivo.
E Romanina? Il proprietario Scarpellini ha proposto una versione molto densificata per sostenere i costi delle opere pubbliche.
Per noi la memoria di giunta sulla base della quale è stato modificato il dimensionamento non ha rilevanza. Ripartiremo da quanto prevede il piano vigente.
Intendete riaprire il cantiere urbanistico rimettendo in discussione le scelte del Piano regolatore?
Il Prg va attuato e chiuso. C'è nel frattempo una serie di pronunciamenti sulle compensazioni che stiamo valutando e che vanno governati.
In passato è stato fatto largo ricorso allo strumento dell'accordo di programma. Continuerete a fare accordi di programma per iniziative private?
Ci aggiungeremo una "U". La "U" di utilità sociale.
Il suo primo atto è stata una memoria di giunta sull'Agenda urbana nazionale, per intercettare i fondi europei.
Il tema è fondamentale e urgente. E per questo che ho subito dato impulso agli uffici per lavorare su cinque aree strategiche di riferimento per la città, in modo da definire piani di fattibilità e progetti da inserire nei piano operativo nazionale - lavorando con il ministro Trigilia - e nel piano operativo regionale del Lazio 2014-2020. Il tutto per arrivare all'Agenda urbana che permetta alle città di essere coinvolte nelle strategie di sviluppo finanziate con i fondi Fesr. Per l'Italia significa attingere a circa due miliardi di risorse complessive per lo sviluppo urbano sostenibile, e di cui Roma può legittimamente aspirare a conquistare una parte consistente.
È difficile progettare la qualità?
Non è difficile ma bisogna superare abitudini consolidate. Ci vuole veramente poco per includere nei progetti elementi innovativi tesi al risparmio energetico, all'efficienza, alla qualità architettonica. E non ci vuole molto, basta un 2% in più per fare di una cosa tradizionale una cosa migliore in grado di essere finanziabile con risorse Ue.
Più in generale, come vi muoverete per completare l'attuazione del Prg?
A ottobre promuoveremo una Conferenza urbanistica per recuperare la tradizione romana ma anche con l'obiettivo di avvicinare le esigenze della città alle azioni dell'urbanistica. Per noi sarà un'occasione di ascolto. Il Comune sarà promotore. Abbiamo incaricato l'Inarch di fare da regista. Ragioneremo su parole chiave, parte da qui la nostra sfida.
Continuerà a insegnare?
No, ho deciso di prendere un periodo di aspettativa. Ma per non perdere il contatto con gli studenti cercherò di fare un corso opzionale, ritagliando uno spazio nella giornata di sabato.
Roma non ha un Urban Center. Lei pensa che questo spazio serva alla città? Lo realizzerete?
La Conferenza urbanistica potrebbe essere il primo passo ma io non credo che per comunicare l'urbanistica alla città serva solo l'Urban Center. Ci sono tanti modi possibili per interloquire con la città. Comincerò inserendo sul sito dell'assessorato uno spazio per contattare l'assessore, la cosa più banale ma che oggi non c'è.
Il progetto Campidoglio2 andrà avanti?
Premetto che non rientra fra le mie competenze. Detto questo, credo che vadano valutati costi e convenienza. Dal mio punto di vista posso dire che il nostro dipartimento si organizza in cinque sedi distinte, per tre di queste paghiamo un affitto a Eur Spa di oltre quattro milioni. Manteniamo Eur Spa.

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