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Pierfranco Pellizzetti
Berlusconi-Renzi. Musica per dinosauri
19 Agosto 2013
Articoli del 2013
Il dibattito politico si è appiattito su duepersonaggi ricchi di similitudini. Sintesi felice di una società orfana di passato e di futuro, e immagine icastica di un’Italia volta alladissoluzione: un ghiacciolo insipido che si scioglie mentre il mondo brucia. Ilmanifesto, 19 agosto 2013

Ilmanifesto

Mentrel'Italia va a ramengo due temi ostruiscono l'agenda pubblica nazionale: lagaranzia di agibilità politica pretesa da Silvio Berlusconi nonostante siastato sgarrettato dalla sentenza di terza istanza, che azzera l'effetto lavacrodi qualsiasi malefatta attribuito all'intercettamento di consensi elettoralioltre certe soglie (prescindendo dagli aspetti manipolatorii in tali consensi,ottenuti grazie al controllo oligopolistico dei canali informativi), e la datadel congresso Pd; auspicato/temuto quale momento della possibile incoronazionedi Matteo Renzi, con presumibili terremoti nelle nomenclature interne dipartito.

Uno degli aspetti grotteschi in tali "stringenti" priorità,imposte dalla forza dell'apparentemente ineluttabile, è che i personaggi daesse promossi - Berlusconi e Renzi - sono entrambi aureolati della nomea digrandi innovatori: l'apoteosi dell'apparente sull'effettivo, in linea perfettacon una fenomenologia in cui le campagne promopubblicitarie hanno soppiantatola comunicazione politica. Infatti, innovatori di che cosa? Forse nelletecniche di vendita della propria immagine come brand, come logo. Niente di piùdella ininterrotta ripetizione di assunti a slogan che asseriscono essere ilvecchio leader della destra "uomo del fare" e il nuovo emergente delcentrosinistra "uomo del rinnovare". E poco importa se vent'annipassati sul palcoscenico governativo, sovente beneficiando di maggioranzebulgare, non abbiano consentito a Berlusconi di dare pratica dimostrazionedelle proprie conclamate virtù realizzatrici; mesi di sovraesposizionemediatica non chiariscono definitivamente in che cosa si concretizzi ilrinnovamento secondo il sindaco di Firenze, tranne un generico blairismo tradottoin condiscendente frequentazione di ricchi in quanto tali (Briatore,Montezemolo, Marchionne...). Probabilmente l'elemento che svela la comunanzatra la vecchia star e la nuova entrata della politica spettacolo consiste nelposizionamento elettorale sovrapposto, ribadita dall'affermazione di Renzi cheil Pd deve organizzarsi per intercettare il voto degli scontenti Pdl. Tradotto:essere più Pdl del Pdl; ossia una totale omologazione assumendo i tratticonnotativi dell'avversario. E quali sono questi tratti? Si può dire chevennero alla luce chiaramente proprio agli inizi dell'avventura berlusconiana,quando Forza Italia si proclamava promotrice di una "rivoluzioneliberale". Tale rivoluzione - in effetti - altro non era che una tardiva rimasticaturadelle ricette thatcheriane e reaganiane che vent'anni prima avviarono l'attaccoal Welfare State con la deregulation , arma per la distruzione di massa nellaguerra della neoborghesia finanziaria, insofferente a controlli e tosaturefiscali, contro il ceto medio e le sue conquiste in materia di cittadinanzasociale. Linea strategica nitida, sebbene devastante qualsivoglia convivenzacivica, che il berlusconismo perse rapidamente per strada; nei meandri dellecollusioni stingenti sul malavitoso del proprio leader e nelle contraddizioniproprie di un personale politico in parte avventizio, in parte riciclatorovistando tra i cascami di Tangentopoli e del Neofascismo. A distanza di duedecenni sembra intenzionato a riprovarci pure Renzi. In un'operazione che -prescindendo dal merito appare ormai fuori tempo massimo. Per le profondetrasformazioni della composizione sociale su cui si basava. Si potrebbe dire,per la fine della stagione dominata dai baby boomers , la generazione nata nelsecondo dopoguerra; in quella che - in un certo senso - è anche la storia dellementalità novecentesche. Tutto ruota attorno all'idea socializzante di scopocondiviso e azione pubblica. Nel periodo che intercorre tra due conflittimondiali e ulteriori catastrofi, gli Stati democratici appresero a programmarela società e i cittadini ad apprezzarne il ruolo nel ridurre i livelli diinsicurezza prodotti da quelle crisi. I loro figlioli, nati e cresciuti in uncontesto di crescente sicurezza materiale, incominciarono a considerare leconquiste pubbliche del passato una forma di controllo repressivo. La NuovaSinistra fornì le necessarie concettualizzazioni e come scriveva lo storicoTony Judt - «le rabbiose contestazioni proletarie contro i capitalistisfruttatori cedettero il passo a slogan spensierati e ironici che chiedevanolibertà sessuale». Una critica postmodernista che venne ampiamente utilizzataallo scopo di argomentare efficacemente la restaurazione dell'individualismopossessivo. Quella che sarà chiamata "la rivincita degli austriaci"(alla Hayek): i liberali da Guerra Fredda che balzarono fuori conquistando ilcampo, quando l'attenzione era ancora rivolta al conflitto, ormai ritualizzatoe politicamente inerte, tra socialdemocratici riformisti e anarcocomunistiantisistema. Dunque, i babies postmaterialisti come base sociale della lungaegemonia NeoCon. Le cui miserie argomentative al servizio dell'assiomaticadell'interesse ("avido è bello") vennero presentate come "ilnuovo che avanza", in una landa ai margini come l'Italia, dalberlusconismo anni 90. Con un'ulteriore complicazione: l'apocalisse sociale,accompagnata per mano dalle televisioni commerciali, del rampantismo fattosiceto egemone (la neoborghesia cafona). Un fenomeno in ritardo già allora, ma sucui Berlusconi ha campato per anni grazie all'insipienza sociologica dei propricompetitori (incapaci di produrre una teoria alternativa della società). Sicchéora appare un revival a dir poco incartapecorito, nel dilagare delle povertànuove e vecchie, dopo che a Wall Street è crollato un muro producendo effettisistemici che nel tempo appariranno ancora più drammatici di quello di Berlino.Da qui l'impressione di macabra ironia nel sentire riproporre l'appellativo diinnovatori per i politici organici a quei baby boomers , ormai trasformati inceto medio intellettuale precarizzato e di mezza età. Per i loro epigoni. Ma adoggi è questo quanto ci passa il convento.
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