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Nadia Urbinati
Il datagate e il paradosso di Obama
7 Luglio 2013
Articoli del 2013
«Diceva Norberto Bobbio che rendere pubblico il potere implica togliergli il velo della segretezza: questa è una delle promesse più importanti della democrazia».

«Diceva Norberto Bobbio che rendere pubblico il potere implica togliergli il velo della segretezza: questa è una delle promesse più importanti della democrazia».

La Repubblica, 7 luglio 2013

Si scoprì alla fine della Guerra fredda che la Stasi, il servizio segreto della Germania comunista, aveva un dossier su ogni cittadino e aveva fatto di ogni tedesco una spia. In una società dove la vita privata delle persone non conosceva segretezza lo Stato godeva della massima segretezza. Nascondimento è potere fuori da ogni controllo. Ci si chiese allora che senso avesse lo spionaggio quando tutti erano spiati. Ma un senso c’era perché se è vero che per essere efficace il controllo deve essere selettivo, è altresì vero che occorre raccogliere tutte le informazioni per poter selezionare quelle “utili”. È pertanto fatale che la schedatura dilaghi a macchia d’olio. All’opposto, non vi è più radicale nemico della segretezza di Stato di un governo fondato sul pubblico e i diritti civili.

Diceva Norberto Bobbio che rendere pubblico il potere implica togliergli il velo della segretezza: questa è una delle promesse più importanti della democrazia. Una promessa che sta insieme alla pace e alla libertà. Alla pace, perché il sistema di segretezza e di spionaggio presume nemici potenziali o effettivi, la preparazione dei conflitti, non della cooperazione. Alla libertà, perché un governo che cela ciò che fa e raccoglie informazioni in segreto non può garantire la protezione dei diritti. I realisti hanno sempre deriso i democratici di idealismo, eppure con la loro proverbiale giustificazione della politica come arte della dissimulazione e della segretezza essi non sanno distinguere tra governo libero e governo arbitrario. Idealisti e realisti si trovano oggi a misurarsi di fronte a quello che sembra essere il caso di spionaggio più pervasivo e totale dalla fine della Guerra fredda.

Non la Stasi ma l’intelligence americana, non la Germania comunista ma gli Stati Uniti sono oggi il problema. In questo caso, i realisti sono gli americani che hanno messo in atto una gigantesca operazione spionistica non solo verso potenziali ed effettivi nemici, ma anche verso amici e alleati militari, come gli Stati europei e la Ue. La ragione accampata è la protezione dal rischio di terrorismo. Evidentemente il governo americano non si fida degli “amici” europei se acconsente a far mettere cimici nelle loro ambasciate e “scheda” la loro corrispondenza elettronica. Che le agenzie di cui si avvale la Cia emulino la Stasi ha del paradossale anche perché la Casa Bianca ha fatto dei diritti umani un cavallo di battaglia per condannare governi autoritari e aiutare movimenti di resistenza e rivoluzionari.

Le rivelazioni di Edward Snowden, l’ex analista del National Security Agency (Nsa), hanno avuto un effetto dirompente per la legittimità internazionale di Barack Obama che da questa vicenda non ne uscirà bene (nonostante la sorprendente docilità dei leader europei). E con lui il Partito democratico, del quale si dice, con buone ragioni, che ora tace perché governa la Casa Bianca, eppure fece in passato un’opposizione durissima al repubblicano George W. Bush su questioni di violazione della privacy e di diritti civili per ragioni di difesa nazionale.

Il paradosso di Obama è di essere forte nei sondaggi perché difensore dei diritti civili – nei giorni scorsi ha esultato per la decisione della Corte Suprema di interpretare il matrimonio come un’unione non eterosessuale – eppure pronto a violare il diritto alla privacy, un valore che per gli americani ha un significato fondamentale, orgogliosi fino a pochi anni fa di rifiutare di avere documenti di identità e ora schedati fin nella loro corrispondenza. Obama con una mano dà diritti, con l’altra li offusca.

I realisti dicono che tutti i governi devo avere servizi segreti, agenzie per la raccolta di dati ed eserciti pronti a intervenire anche in violazione dei diritti, se ciò è necessario alla difesa del Paese. Nulla di nuovo, dunque. Ma così non è quando di mezzo c’è un governo democratico e, soprattutto, una cultura che ha fatto della società aperta il punto di riferimento per l’espansione del libero mercato in tutti gli angoli del pianeta. Oggi veniamo a sapere che l’ideologia del libero mercato ha il sapore di una truffa perché le multinazionali riescono ad avvantaggiarsi delle informazioni carpite per le agenzie americane di intelligence, che insomma il libero mercato riposa su una condizione di privilegio dell’informazione e assomiglia a un governo arbitrario che si camuffa con la propaganda della libertà. L’intervista rilasciata da Snowden, ascoltabile nel sito di Repubblica.it, è inquietante: spiegando la ragione per la quale ha deciso di diventare un ricercato globale senza un luogo dove vivere in sicurezza, ha messo a nudo la doppiezza della politica del suo governo. E ha ricordato ai realisti che un governo che mette in piedi un sistema di spionaggio mondiale sostenendo che è per il bene del Paese è pericoloso perché toglie al pubblico la possibilità di giudicare sui metodi usati per la sicurezza.

Snowden ha legato insieme come perle di una collana le qualità che sorreggono la democrazia e i diritti e ha spiegato perché si devono controllare le agenzie governative che conservano le informazioni su milioni di persone semplicemente perché potrebbero essere utili al governo in futuro. Dietro il paravento del terrorismo si cela la formazione di un sistema pervasivo di raccolta di dati che un qualunque potentato potrebbe usare a proprio vantaggio. Ecco perché il pubblico deve sapere e togliere il velo della segretezza ai governi, quelli democratici in primi luogo.

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