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Stefano Boato
Giù dalla torre
8 Luglio 2013
Venezia e la Laguna
«Giù dalla torre: le luci di "Palais lumière" si spengono», è il titolo del più recente libretto della collana, Occhi aperti su Venezia, di Corte del fòntego editore. ne pubblichiamo gli ultimi due paragrafi. E' la storia puntuale di una minaccia sventata. Forse era solo un bluff nel quale troppi (da Napolitano a Orsoni, e tanti altri) sono caduti.

«Giù dalla torre: le luci di "Palais lumière" si spengono», è il titolo del più recente libretto della collana, Occhi aperti su Venezia, di Corte del fòntego editore. ne pubblichiamo gli ultimi due paragrafi. E' la storia puntuale di una minaccia sventata. Forse era solo un bluff nel quale troppi (da Napolitano a Orsoni, e tanti altri) sono caduti.


9. La fine di un bluff

28 giugno. Pierre Cardin recede dalle opzioni di acquisto delle aree. Basilicati annuncia «abbiamo dovuto recedere dalla Bozza d’accordo, una scelta inevitabile per i troppi ritardi e ostacoli».

Uno dei proprietari delle aree, Damaso Zanardo, dichiara: «Sono tutte assurdità ... ha opzionato le ultime aree il 17 giugno scorso. La commissione Via aspettava da tempo la presentazione del progetto per poterlo valutare. È più corretto ammettere che il progetto non ha una base economica per essere portato avanti» e il sindaco Orsoni: «Effettivamente sembrava ci fossero problemi di reperimento dei finanziamenti, come più volte sottolineato»56.

Sandro De Nardi, legale di Pierre Cardin, rivela: «Pesa molto il vincolo paesaggistico del ministero che avrebbe potuto bloccare la costruzione. L’opzione sulle aree scade oggi, a fronte di un altro esborso a fondo perduto di non poco conto abbiamo preferito desistere». In merito, il sindaco dichiara: «Il Ministero dei beni culturali dice che quella zona di Marghera è soggetta a vincolo e invece non lo è. Dobbiamo chiarire per il futuro cosa dovremo fare in quell’area e come farlo». Quando finalmente si sarà preso atto della tutela paesaggistica vigente ci si deciderà a lavorare seriamente per la «riqualificazione delle aree compromesse e degradate e l’individuazione delle linee di sviluppo compatibili», individuando nel piano paesaggistico «gli interventi di recupero, riqualificazione e valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela» (art. 135 e 143 del Codice del paesaggio).

10. Pianificare e progettare con qualità e visione di lungo respiro

Forse in un sussulto di dignità questa città potrebbe riprendere la capacità di scegliere con cultura, di costruirsi una visione di lungo respiro e progettarsi una prospettiva.

Negli anni ’60, i fondatori dello IUAV e nostri maestri, da Egle Trincanato a Bruno Zevi, da Ignazio Gardella a Carlo Aymonino a Carlo Scarpa, da Giovanni Astengo a Giuseppe Samonà, insegnavano a progettare partendo dalla lettura storica delle città e del territorio, dalla rigorosa conoscenza e interpretazione del contesto, dalla valutazione delle criticità e dei fabbisogni sociali e culturali.

LLe proposte devono partire dallo stato di fatto esistente per riqualificare e innovare, inserendosi in modo corretto nella realtà esistente, rispettando le qualità del passato (tutela attiva, restauro e rivitalizzazione dei centri storici), rimuovendo o almeno mitigando i gravi errori soprattutto del ’900, proiettandosi verso nuovi valori edilizi, architettonici, urbanistici e del paesaggio, di qualità, vivibili e rispettosi dell’ambiente.

Negli anni più recenti si è cominciato a inserire ovunque qualunque intervento a prescindere dal contesto morfologico, ambientale e paesaggistico; si è proseguito legittimando qualsiasi nuovo ‘segno’ con la teorizzazione “de-costruttivista” che contesta la necessità millenaria di una coerenza tra gli aspetti funzionali, strutturali e formali nei piani e nei progetti, puntando gli interventi alla promozione di qualsivoglia investimento finanziario e operazione immobiliare validi di per sé a prescindere dall’uso e consumo del territorio, risorsa non riproducibile, dalla storia e dal contesto.

Ma siamo ancora capaci di pianificare e progettare in risposta alle criticità e ai bisogni di Marghera, Mestre e Venezia, con un corretto riuso degli edifici (con trasformazioni che non ne stravolgano le caratteristiche e re-insediandovi funzioni compatibili) e lasciando invece totale libertà di espressione nelle nuove opere (fissando solamente le massime dimensioni consentibili). Possiamo riprendere il filo, promuovere nuovi valori e disegni urbani realmente compatibili con il contesto e vivibili.

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