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Andrea Gnassi
Io, sindaco in bilico per fermare il cemento
26 Marzo 2013
Altre città
Auguri al sindaco di Rimini. Gli ricordiamo che i proprietari di terreni resi edificabili dal piano regolatorevigente non hanno alcun “diritto edificatorio” da rivendicare contro unasaggia, motivata ed equa variante delle previsioni urbanistiche comunali. La Repubblica,ed. Bologna, 26 marzo 2013

Auguri al sindaco di Rimini. Gli ricordiamo che i proprietari di terreni resi edificabili dal piano regolatorevigente non hanno alcun “diritto edificatorio” da rivendicare contro unasaggia, motivata ed equa variante delle previsioni urbanistiche comunali. La Repubblica,ed. Bologna, 26 marzo 2013

Rimini è l’unica città nel Paese che può vantarsi (?) di avere procreato un verbo, presente in ogni vocabolario della lingua italiana: riminizzare. Sinonimo, più o meno, di «costruire in maniera disordinata e selvaggia». La domanda che mi faccio in queste ore, le più dure da quando nel giugno 2011 sono stato eletto sindaco, è questa: sarà consentito a Rimini di lasciare il poco onorevole spazio dedicato dal dizionario nazionale? E mi rispondo: no. Non bastassero il patto di stabilità che, di fatto, ha azzerato qualunque capacità di investimento da parte dei Comuni; oppure il combinato disposto tra Comune “esattore per conto terzi” di tasse odiose, pressione sociale centuplicata dalla crisi economica, desertificazione di qualunque credibilità partitica. Nella “capitale delle vacanze” la matassa va ingarbugliandosi intorno al tema urbanistico. I fatti sono presto detti: ventidue mesi fa, al suo insediamento, questa Amministrazione comunale e questa maggioranza avevano investito gran parte del proprio mandato sullo stop al consumo del territorio. E non per un ideologico “basta al cemento” ma sulla base di una semplice lettura che vedeva nel cambiamento epocale determinato da una società in crisi le ragioni di una svolta nel modello di sviluppo. Così, mentre l’Europa si attrezza con quartieri senz’auto, alimentati esclusivamente da energie rinnovabili, in Italia, in Emilia Romagna e a Rimini, lo sviluppo non può prescindere dal mattone. E sul mattone Governi vanno silenziosamente in crisi.

Nel tortuoso passaggio da Piano regolatore a Piano strutturale e Masterplan, l’amministrazione comunale di Rimini sta tentando di fermare il milione e 200 mila metri quadrati di nuove richieste di ‘capacità edificatoria’ avanzate con le osservazioni. Sono circa 20 mila nuove case o uffici o negozi che calerebbero in un contesto che già si fregia del titolo onorario di cui sopra e che in questo momento conta già su 15 mila abitazioni sfitte. Secondo pareri, normative, prassi, non si può dire ‘no’. C’è quindi chi pensa che il Comune non debba che vidimare le precedenti scelte o assecondare le nuove richieste. A questa apparente inevitabilità, ci siamo opposti.

Il risultato? Dubbi affioranti in maggioranza causa “intimidazioni” legali dei costruttori, una denuncia per abuso d’ufficio nei miei confronti, la pressione ormai insostenibile di chi ti sbatte in faccia anche i drammi occupazionali per giustificare la resa alle antiche consuetudini. Da parte mia, andrò fino in fondo, sino alle estreme conseguenze, legali e politiche. Non mi troverei a mio agio nella parte di chi, come il mio collega di Parma, dopo una campagna elettorale fiammeggiante ha alzato le mani davanti all’inceneritore acceso, dicendo “non potevo fare altro”. E non voglio neanche rifugiarmi nello speakers’ corner tanto di moda del riformismo: a Rimini e in Emilia Romagna, sull’urbanistica, non basta più dirsi riformisti, occorre una determinazione più alta e soprattutto più coraggiosa. Altrimenti… anche nei prossimi 50 anni basterà sfogliare il dizionario e andare alla lettera R, sicuri di ritrovarci, incancellabili.

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