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Roberta De Rossi
Porto, grandi navi e il piano alternativo
14 Gennaio 2013
Venezia e la Laguna
Il sindaco sollecita Costa. presidente dell'Autorità portuale «Orsoni vuole conoscere lo studio per lo scavo del Canale Contorta dell’Angelo «Vogliamo valutarne la fattibilità. Decidiamo in base alle valutazioni scientifiche» Noi vogliamo sapere qual'è la strategia che la città ha scelto per il turismo. La Nuova Venezia, 14 gennaio, con postilla

Il sindaco sollecita Costa. presidente dell'Autorità portuale «Orsoni vuole conoscere lo studio per lo scavo del Canale Contorta dell’Angelo «Vogliamo valutarne la fattibilità. Decidiamo in base alle valutazioni scientifiche» Noi vogliamo sapere qual'è la strategia che la città ha scelto per il turismo. La Nuova Venezia, 14 gennaio, con postilla
«Ho chiesto ufficialmente al presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa, di darci il progetto per lo scavo del Canale Contorta dell’Angelo: solo su dati scientifici certi si può valutarne la fattibilità. Attendo risposta». Le parole del sindaco Giorgio Orsoni sono misurate, ma ferme, alla vigilia del voto in Consiglio - oggi - per l’approvazione dell’accordo di programma tra Comune e porto per l’arrivo del tram a San Basilio, area portuale. Il sindaco - che da tempo va dicendo (invano) che la soluzione più immediata al passaggio delle grandi navi in bacino San Marco è il loro spostamento a Porto Marghera - è alle prese in questi giorni (da una parte) con la strenua difesa del porto della Marittima come scalo passeggeri insostituibile, (dall’altra) con le obiezioni di una gran parte dei consiglieri della maggioranza su quelle autorizzazioni alla realizzazione di una nuova stazioni passeggeri e un garage multipiano, contenute nell’accordo (presupposto di un mantenimento dello scalo passeggeri in Marittima) e (infine) con la volontà generale di portare a firma l’intesa per l’arrivo del tram a San Basilio. E continua il braccio di ferro a distanza con Costa, che si appresta ad approvare in comitato portuale un piano triennale che non solo ribadisce la centralità della Marittima, ma punta a uno sviluppo residenziale e terziario dell’area. Così non resta certo indifferente il sindaco Orsoni a quel continuo ribadire di Costa «il traffico crocieristico costituisce una delle due gambe sulle quali si regge l’economia portuale veneziana, con quello dei container, e la Marittima non ha alternative oggi: occorre passare attraverso la realizzazione di una nuova via di accesso alternativa a San Marco, via canale di Malamocco». Quello scavo del canale Contorta dell’Angelo del quale si parla da un anno, ma che finora il Comune non ha mai visto, anche se il Porto ha assicurato di averlo inviato al governo. «Ho chiesto personalmente che sia consegnato al Comune, per poterne studiare la fattibilità: senza valutazioni scientifiche ogni discorso è vano», sollecita ora Orsoni il presidente Costa. I toni sono misurati, ma la sostanza è chiara: o il progetto c’è ed è fattibile, oppure, non fattibile non lo è per niente e allora si vada a Porto Marghera. Una risposta indiretta anche al Comitato No Grandi Navi, che bolla lo scavo di un nuovo canale come l’ennesima pugnalata alla sopravvivenza della laguna. «Io non ho mai detto che la Marittima non deve più essere scalo passeggeri in toto», dice il sindaco, «ma che le navi incompatibili con la città non devono più passare per il bacino di San Marco. Ci mostrino il progetto e verificheremo, dati scientifici alla mano, se c’è un altro accesso possibile». In questo modo legge anche l’articolo del nuovo Pat che ha fatto infuriare il presidente di Vtp Trevisanato al punto da minacciare ricorsi al Tar. Ma Orsoni difende in pieno l’accordo con il Porto per portare il tram a San Basilio e in questo manda un messaggio ai consiglieri dubbiosi: «La possibilità di realizzare il garage multipiano era già prevista dai piani e si tratta di recuperare altri posteggi oggi del porto che saranno cancellati dal passaggio del tram. Niente di nuovo rispetto a quanto previsto dai piani urbanistici e del resto serve il parere della soprintendenza, che mi pare dubbiosa a realizzare un edificio fronte laguna. Resta l’importanza di un’intesa che, con la disponibilità del Porto, apre alla città un’area oggi preclusa».

Un grande problema rimane aperto dietro il dibattito (lo scontro d’interessi) tra i vari attori che si esprimono sulle grandi navi, la salvaguardia della Laguna e il destino della città. Eppure i tre argomenti sono strettamente legati tra loro, tramite un quarto tema: il turismo. A quale domanda turistica deve essere dedicata l’offerta turistica della città? A quel turismo generico attratto dalla singolarità, alla rinomanza, al livello dei servizi standard, al prestigio ottenibile proclamando alla cerchoa di conoscenti di “aver visitato Samarcanda o la Marmolada, i geyser o Parigi? Oppure un turismo di conoscenza, che vogli avere l’occasione di visitare per conoscere, per verificare le diversità, per approfondire le ragioni e i modi per cui un luogo è diversa da un altro, e trarne tutti gli insegnamenti possibili? Se vogliamo un turismo del primo tipo, allora più turisti arrivano, più grandi sono le navi e più frequenti i treni meglio è: più ricchi diventerranno i venezani e le multinazionale che sfruttano la città. Poco importa se il bene che oggi richgiama i flussi si degrada anno per anno fina a perdere le sua qualità. Se invece vogliamo un turismo diverso, allora è a un obiettivo del tutto diverso che diovremo rivolgerci, è una strategia alternativa che dovremo costruire: quella che Luigi Scano definiva la strategia del razionamento programmato dell’offerta turistica. Una strategia che il Paolo Costa, oggi sultano dell’autorità portuale, condivideva quando era “solo” un autorevole professore universitario e in questo ruolo aiutò chi si opponeva alla proposta di realizzare a Venezia l’esposizione universale del 2000. E aiutò proprio dimostrando proprio che i flussi turistici già senza l’Expo (di £grattacieli del mare allora neppure si parlava)minacciavano di distruggere il patrimonio Venezia. La realtà è certamente cambiata da allora: nei fatti, perché il rischio è cresciuto e la città è più fragile, e nelle persone. Magari cambieranno di nuovo, chissà.

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