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Luciano Gallino
Luciano Gallino Soluzione a metà
1 Dicembre 2012
Articoli del 2012
«I lavoratori dello stabilimentoritorneranno al lavoro, ma le condizioni in cui lavorano saranno a lungo lestesse di prima. Respireranno gli stessi inquinanti, forse in dose lentamentecalanti, e le polveri e le sostanze nocive che da decenni appestano Tarantocontinueranno a posarsi sulle loro case e sulle loro famiglie e ad essereinspirate da adulti e bambini». La Repubblica, 31 novembre 2012

«I lavoratori dello stabilimentoritorneranno al lavoro, ma le condizioni in cui lavorano saranno a lungo lestesse di prima. Respireranno gli stessi inquinanti, forse in dose lentamentecalanti, e le polveri e le sostanze nocive che da decenni appestano Tarantocontinueranno a posarsi sulle loro case e sulle loro famiglie e ad essereinspirate da adulti e bambini». La Repubblica, 31 novembre 2012

L’ASPETTO più importante del decreto legge sull’Ilva sono aben vedere le dichiarazioni del ministro Passera: se la proprietà non eseguequello che la nuova legge prevede il governo potrebbe varare la procedura diamministrazione controllata. Al riguardo i dettagli non sono al momentodisponibili, almeno non negli estratti del decreto accessibili a tarda sera, mail pronunciamento del ministro dello Sviluppo, in sintonia con le analoghedichiarazioni del ministro dell’Ambiente Clini, sembrano proprio significareche se questa volta l’azienda non porrà in essere gli interventianti-inquinamento, rischia di perdere la proprietà o quanto meno il controllodell’impianto di Taranto. L’adozione di tecnologie adeguate per abbattereradicalmente gli inquinanti emessi dallo stabilimento costerà miliardi. Ègiusto che sia la proprietà a pagare, come avrebbe dovuto fare da almenovent’anni, ed è bene che sia posta di fronte a penalità severe che dovrebberoentrare automaticamente in vigore a fronte di ritardi o inadempienze.
Per il resto la soddisfazione dinanzi al decreto governativo non può che esseremodesta. È vero che nei prossimi giorni i lavoratori dello stabilimentoritorneranno al lavoro, ma le condizioni in cui lavorano saranno a lungo lestesse di prima. Respireranno gli stessi inquinanti, forse in dose lentamentecalanti, e le polveri e le sostanze nocive che da decenni appestano Tarantocontinueranno a posarsi sulle loro case e sulle loro famiglie e ad essereinspirate da adulti e bambini. Il conflitto con la magistratura locale rimaneaperto, comunque si voglia rigirare
la questione. Essa voleva fermare l’inquinamento – era un suo preciso dovere –ma il decreto la scavalca stabilendo che per intanto il lavoro è più importantedella salute, e però nel volgere di alcuni anni le emissioni nocive dellostabilimento finiranno per essere ricondotte entro quei limiti che in realtàavrebbero dovuto essere in vigore da una generazione.
Quel che ora ci si può aspettare dal decreto in parola e dalle integrazionitecniche ed economiche di cui sicuramente avrà bisogno è che esso imponga allaproprietà di impegnarsi
all’installazione dei dispositivi anti-inquinamento con la maggior urgenzapossibile; che richieda perentoriamente di impiegare in tale compito il massimodi manodopera e il meglio delle tecnologie oggi disponibili a livello mondiale;che preveda l’impiego di squadre di controllo specializzate e indipendenti cheogni giorno accertino se la direzione dell’Ilva ha rispettato i traguardi ditempi e di installazione; infine che preveda sanzioni immediate e durissimeogni volta che si constati una eventuale infrazione di tempi e di tecniche daparte della direzione.
Restiamo in fiduciosa attesa di conoscere tutti questi provvedimenti.
Il governo ci ha dormito un po’ sopra, alla questione Ilva. Tutto sommatol’intervento della magistratura di Taranto risale al luglio scorso. Ora che siè dato finalmente una mossa, bisogna chiedergli che si impegni a fondo percoinvolgere la magistratura stessa nella messa in atto delle disposizioni deldecreto, nonché nella sorveglianza sui modi in cui vengono eseguite. Non soloperché la magistratura, con i suoi esperti, ha mostrato di conoscere meglio dichiunque altro quale fosse la reale nocività dell’impianto. Ma anche perché undecreto emanato dal governo che aggira una sentenza della magistraturarappresenta una tale ferita all’ordinamento costituzionale che non può esseretollerata se non per un brevissimo periodo di emergenza. Nessun ministro dellaRepubblica può dire “io sono la legge, quindi la magistratura deve cedermi ilpasso”. O al massimo può dirlo una volta sola, in una situazione di estremanecessità, per correre subito dopo ai ripari al fine di ristabilire anche nelcaso Taranto l’indipendenza tra i poteri fondamentali che la Costituzioneprevede. Il giorno che vede rinascere a Taranto la speranza di poter conciliarefinalmente lavoro e salute, grazie a un intervento del governo di non comuneincisività, non deve passare alla storia come il giorno in cui un pezzo diCostituzione è stato abrogato.
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